VOCE
MIRACOLO A PORTO TOLLE
10.08.2022 - 06:00
Consapevolezza dell’ambiente in cui ci si muove e soprattutto delle proprie capacità. Questo il consiglio da non dimenticare mai secondo Daniele Dal Canto, esperto in sopravvivenza e soccorritore, commentando la notizia del giovane Mattia Veronese, dato per disperso in mare e ritrovato vivo dopo ben 9 ore. Un vero e proprio miracolo, che ha commosso tutta Porto Tolle e non solo.
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Dal Canto, che cosa significa essere esperti in sopravvivenza?
“Essere esperti in survival significa essere poco esperti in tutto. Noi professionisti del settore cerchiamo di evitare la specializzazione su un solo argomento. Sappiamo fare un po’ di tutto e questo ci mantiene pronti a tutto. La specializzazione porterebbe all’estinzione, una persona che sa fare solo una cosa arriva ad aver bisogno degli altri. Se gli altri mancano si trova quindi in difficoltà.”
Quali sono le condizioni che si tendono a sottovalutare e che portano poi a trovarsi in pericolo, come nel caso del giovane?
“La causa principale è sempre il sottovalutare l’ambiente naturale in tutti i suoi aspetti. Il mare e la montagna fanno spesso da padroni su scenari molto tristi della nostra cronaca. Il mare, dico spesso, ‘ha sempre vent’anni’, è un ambiente giovane e forte, spesso ce ne scordiamo e lo sottovalutiamo, pensando ‘Cosa vuoi che succeda’ o ‘non capiterà certo a me’. Questo porta tanti giovani, meno fortunati di Mattia, ad avere brutte esperienze, che possono comportare anche il decesso”.
Qual è la percentuale di successo quando si interviene nel soccorso ad una persona?
“Purtroppo è molto bassa. Faccio parte di un nucleo di soccorso e ricerca di Croce Rossa, sono rare le volte in cui si trovano i dispersi e spesso si trovano morti. In queste circostanze è difficile portare a casa la pelle, per una serie di confluenze e anche sfortune.”
Quali sono i consigli che si possono dare quando ci si trova in una emergenza? Quanto conta non farsi prendere dal panico?
“Quando sei dentro un’emergenza cercare in noi questa calma e questa riflessività è molto difficile. Sarebbe meglio prevenire queste situazioni, ma comprendo anche che si tratta di un giovane che faceva un bagno di mezzanotte con gli amici, come abbiamo fatto tutti. A volte ti va bene ma a volte non va così. Ti trovi distante dagli amici, con corrente contro, forti rumori e al buio. A quel punto te la giochi. Mattia, da quello che ho letto, ha galleggiato a lungo ed è riuscito ad arrivare in una zona con condizioni meno sfavorevoli. Probabilmente lì ha ripreso fiducia anche se avrà subito un bel colpo a livello emotivo e psicologico”.
Come si opera in condizioni sfavorevoli come quelle dell’altra notte?
“Si cerca di capire, con uno studio molto accurato dell’area di interesse, dove potrebbe essere la persona, una sorta di ricerca a ventaglio ma localizzata in un punto ben preciso. Si utilizzano imbarcazioni, molto spesso gli elicotteri. Le ricerche ormai sono diventate precise e molto organizzate”.
Tanti interventi di soccorso vengono fatti anche in montagna. Quali sono gli errori più comuni che si fanno in questo ambiente?
“Delegare la propria incolumità agli altri. Molti vanno in montagna pensando ‘Se mi succede qualcosa tanto chiedo aiuto’. Non è così. Noi soccorritori a volte mettiamo a repentaglio la nostra vita per cercare i dispersi. Ma le persone dovrebbero essere più consapevoli dei loro limiti e soprattutto conoscere l’ambiente in cui vanno. Non basta comprare un equipaggiamento nel magazzino all’ingrosso, farsi lo zaino e partire. La montagna come il mare ha bisogno di persone che la rispetti e che magari, in caso di condizioni avverse, invece di fare l’uscita decida di stare a casa. Questa decisione a volte salva le persone”.
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