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TRAGEDIA DI NEW YORK

La città attende i suoi due figli morti negli Usa

Ma il rimpatrio delle salme appare complicato. E costosissimo

La città sotto choc: in due trovati morti a New York

A sinistra Luca Nogaris, a destra Alessio Picelli

Si complica il rientro delle salme a Rovigo di Luca Nogaris e Alessio Picelli, i due artigiani rodigini trovati morti in un appartamento di New York. Una vicenda che continua a presentare lati oscuri ed è per questo che i familiari delle due vittime chiedono verità e rifiutano l’ipotesi di un’overdose letale di droga.

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Le indagini della polizia di New York continuano, l’autopsia sui corpi dei due rodigini è stata effettuata venerdì scorso ma occorreranno alcuni giorni per avere il responso delle analisi. Intanto i corpi saranno rilasciati per la famiglia non prima di martedì.

Il rientro delle salme in Polesine si annuncia complicato. Alla ex moglie di Luca Nogaris, Stefania, è stato detto che c’è tempo fino al 15 agosto per organizzare il rientro delle salme in Italia. Ma nelle varie procedure da espletare c’è anche il pagamento del costo, che pare aggirarsi sui 13mila euro per ciascuna salma.

“Una cifra altissima - spiega Stefania - che io non posso recuperare. Ho tre figli da mantenere, come posso recuperare tanti soldi”. discorso analogo da parte del padre di Luca, Flavio: “Con una semplice pensione come la mia come faccio a pagare certe somme. Qualcuno dovrà intervenire, anche perché Luca e Alessio erano a New York per lavoro, non certo in vacanza. E qualcuno a lavorare in America ce li ha mandati”.

Il riferimento è alla ditta italiana che aveva procurato il lavoro a New York. “Al momento sono in attesa degli eventi, aspetterò ancora qualche giorno, poi mi attiverò perché la salma di mio figlio possa rientrare in patria, solo questo chiedo, e se nessuno vorrà fare la sua parte, a cominciare dalla ditta per cui mio figlio era andato a New York, bene, allora mi farò sentire anch’io”.

Sia il padre di Luca che la ex moglie continuano a non credere alla pista di un’overdose di droga, “ma scherziamo? - sbotta il padre - mio figlio è sempre stata una persona seria, dedito ai figli. Secondo me o è stato avvelenato o qualcuno lo ha obbligato ad assumere droga. Mi sono anche fatto l’idea che a New York ci fosse qualcuno che non vedeva bene il lavoro che i due rodigini stavano portando avanti. Non ho indizi, solo sensazioni. Forse mio figlio aveva pestato i pedi a qualcuno. Il collega veronese? Da qual che so al momento è ancora scosso, e non in grado di fornire utili informazioni”.

Anche la ex moglie rifiuta totalmente l’ipotesi droga: “Luca - dice - aveva il terrore degli aghi, figuriamoci. Ho letto del laccio emostatico, ma gli era stato applicato dai medici durante il tentativo di soccorrere lui ed Alessio. La verità è che in questa vicenda ci sono ancora troppi misteri. Ma la droga assunta volontariamente no. Tra le altre cose ho saputo che in questi giorni a New York ci sono stati almeno altri sei decessi simili a quelli di Luca e Alessio. Ed ho sentito di sostanze stupefacenti mescolate ai drink in alcuni locali. Non è escluso quindi che la droga, se davvero c’è stata, sia stata iniettata o fatta bere contro la volontà dei due rodigini. Ci sono sostanze capaci di produrre effetti letali”.

Il riferimento è al Fentanyl, sostanza usata per tagliare la droga e che potrebbe essere finita chissà come nel corpo dei due rodigini. Ma si tratta di ipotesi per ora non suffragate da indizi o elementi. Solo il tentativo di dare risposte ad un giallo che presenta ancora pieghe oscure.

La polizia intanto ha effettuato nuovi sopralluoghi nell’appartamento sulla 29esima strada del Queens. Con l’obiettivo di recuperare prove per chiudere definitivamente il caso.

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