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LA TRAGEDIA DI NEW YORK

"Così sono morti Luca e Alessio"

Il racconto dell'unico testimone, il collega che ha lanciato l'allarme

La città sotto choc: in due trovati morti a New York

È sempre più complicata e misteriosa la storia intorno ai due giovani, Alessio Picelli e Luca Nogaris, deceduti nel Queens, Stati Uniti, poco meno di una settimana fa.

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Un decesso, secondo le autorità americane che stanno investigando sul caso, riconducibile  a un’overdose di droga, teoria a cui amici e famiglie dei defunti non hanno mai creduto dall’inizio. Teoria che adesso sembra assumere conferme dall’unica persona in grado di raccontare qualche dettaglio in più di quella notte: un terzo italiano, un cittadino veronese, che con loro lavorava e condivideva l’appartamento.

“Sono riuscito a parlare con questo signore - conferma Flavio Nogaris, padre di Luca -, anzi a dire il vero è stato proprio lui a chiamarmi. Abbiamo parlato di quel giorno, di cosa fosse successo”. Al padre l’uomo conferma di aver trascorso la giornata con i due giovani ma di essere rientrato più tardi per sbrigare alcune commissioni personali prima del rientro in patria.

“Sono stati insieme tutto il giorno, poi Luca e Alessio hanno deciso di rientrare in appartamento mentre lui è rimasto fuori a fare un po’ di shopping, per portare a casa alcuni pensierini - spiega -. Il signore poi mi ha raccontato di aver ricevuto un messaggio, non ricorda se da Alessio o da Luca, in cui gli confermavano di essere giunti a casa”. Al messaggio l’uomo risponde che sarebbe rientrato a breve, utilizzando la metropolitana. “Una volta preso il mezzo mi ha detto di averci impiegato circa un’oretta per rientrare all’appartamento - prosegue il padre -, e quindi di essere rientrato intorno a mezzanotte e mezza. Arrivato a casa aveva effettivamente trovato Alessio e Luca in uno stato ben diverso da quello in cui li aveva lasciati, ma mi ha detto di aver pensato che fossero semplicemente ubriachi. Solo dopo un po’ ha cominciato a rendersi conto che qualcosa non andava e che poteva essere molto più grave”.

Il testimone veronese racconta alla famiglia del giovane di essere quindi entrato completamente nel panico. “Mi ha raccontato di aver chiamato la ditta in Italia perché non sapeva che cosa fare - aggiunge - non sapeva nemmeno chi poter chiamare per chiedere aiuto perché limitato dal fatto che non parlava la lingua inglese. Solo dopo un po’ di tempo, circa un’ora, ha finalmente chiamato i soccorsi, che sono intervenuti in massa, tra pompieri, medici e polizia”.

Ed è proprio dopo l’intervento delle forze dell’ordine che viene segnalata la presenza di ‘materiale’ riconducibile al consumo di droga, che collegherebbe la causa  del decesso all’overdose, ma che secondo il testimone è totalmente errata. “Questo signore mi ha detto di non credere assolutamente a quello che è stato detto - specifica Nogaris -, perché lui quando era arrivato a casa non aveva trovato nulla a terra che riconducesse alla droga. Lui sostiene che c’è stato sicuramente un errore ed è certo che gli aghi e il resto del materiale siano semplicemente stati abbandonati, vicino ai corpi, dai paramedici che hanno tentato di salvarli”.

Una dichiarazione che riapre il dibattito sulla vera causa del decesso dei ragazzi, ma lascia anche l’amara incognita che quell’ora trascorsa nel panico potesse cambiare il destino dei due ragazzi. Ora le famiglie stanno attendendo il rientro delle salme in Italia, operazione che richiederà costi altissimi da sostenere e per cui la cittadinanza ha deciso di tentare di dare un supporto, attraverso una raccolta fondi che sta coinvolgendo diversi esercizi locali.

“Nel pomeriggio dobbiamo incontrare un avvocato, che si è offerto di aiutarci per seguire tutto l’iter burocratico e legale - aggiunge Nogaris - ma anche per cercare di capire se, come ci risulta, Luca avesse fatto un’assicurazione prima di partire. Assicurazione che potrebbe aiutarci a sostenere questi costi, davvero molto molto alti”. 

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