VOCE
ORRORE A BADIA POLESINE
29.08.2022 - 13:23
Una donna di 68 anni che uccide il marito a colpi d'accetta, in camera da letto, lo smembra, dopo avere trasportato il cadavere in bagno, impiegando quattro diversi coltelli da cucina, compreso quello per il pane, chiude il tutto in svariati sacchi dell'immondizia, poi, scesa la notte, fa vari viaggi da casa sino al vicino Adigetto per lanciare tutto lì. All'inizio, non ci volevano credere neppure gli inquirenti, che un delitto tanto atroce fosse maturato in ambito familiare, tra due anziani coniugi. Tutte le evidenze investigative, però, portavano lì. Compresi i rilievi dei Ris e gli accertamenti tecnici. E, alla fine, la donna, a quanto reso noto, ha confessato. Ora, destinataria di misura cautelare, si trova in Psichiatria, all'ospedale di Rovigo.
E' stato risolto così, l'orrendo giallo cominciato il 28 luglio scorso, alla chiusa sull'Adigetto di via Casaria, a Villanova del Ghebbo, dove venne trovata una gamba umana. Da lì a pochi giorni, nei pochi chilometri che separano quel punto da Lendinara, emergono altri resti umani, sino a comporre un corpo, completo. Un orrore incredibile.
Gli accertamenti consentono di identificare Kurti Shefki, 71 anni, albanese di origine, ora cittadino italiano, residente a Badia Polesine in via Ghirardini, subito dietro il "grattacielo". E' lui la vittima dell'agghiacciante delitto.
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Un uomo che, così come la sua famiglia, la moglie 68enne, convivente, pure lei di origine albanese ma ora cittadina italiana, e i due figli, mai aveva creato problemi in città, mai di lui si erano dovuti occupare i carabinieri. Lo choc, a Badia Polesine, è enorme. Anche gli inquirenti si trovano di fronte a un caso che costituisce qualcosa di estremamente raro, anche a livello nazionale. In silenzio, però, i carabinieri, coordinati dalla Procura, fanno il loro lavoro e, mano a mano, i tasselli cominciano ad andare a posto.
Secondo le contestazioni, anche il sopralluogo del Ris, dell'8 agosto scorso, avrebbe contribuito a rinforzare il sospetto che si stava facendo strada nella mente degli inquirenti. Nell'abitazione dove la vittima e la moglie vivevano, infatti, vengono trovate tracce - e tracce importanti - di sangue. La donna avrebbe pulito tutto, con cura, ma non basta questo a ingannare le rilevazioni scientifiche dei Ris.
Alla fine, a quanto si apprende, la donna comincia a collaborare con gli inquirenti. Aiuta il ritrovamento delle armi del delitto, lanciate sotto il ponte sull'Adigetto a un centinaio di metri da casa, dopo due giorni di ricerche da parte dei sommozzatori.
Alla fine, è la donna stessa, spiegano gli inquirenti, a confessare l'accaduto. Una confessione coerente e dettagliata - tanto da agevolare, come detto, ritrovamenti importanti - sulla base della quale si chiude il cerchio, applicando a carico della 68enne la misura cautelare. La donna avrebbe ucciso a seguito di presunti maltrattamenti, dei quali, al momento, non ci sono evidenze storiche. Ovviamente, verranno cercati riscontri in questo senso. A esacerbare il suo stato d'animo, oltre alla violenze, avrebbe contribuito il fatto che il marito, a suo dire, avesse un'altra e avesse intenzione di andarsene.
Così, si arriva al delitto, che sarebbe stato commesso tra il 21 il 22 luglio, quindi una settimana circa prima del ritrovamento iniziale. Una indicazione coerente con quelle che erano state le prime indicazioni del medico legale. I colpi mortali, con l'accetta, in camera da letto, quindi il trascinamento del corpo sino in bagno e, qui, nella vasca, l'orrenda operazione dello smembramento. Poi, a notte fonda, i vari viaggi nell'Adigetto per lanciare i vari sacchi dell'immondizia con i pezzi dei cadaveri.
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