VOCE
ECONOMIA
23.10.2022 - 05:00
In Polesine sarà un 2023 nero. Lo dicono i dati sulla crescita economica prevista, provincia per provincia, nel 2023. A Rovigo la recessione colpirà durissimo, peggio che in qualunque altro territorio. E se quello che verrà sarà - secondo le previsioni - un anno a crescita 0 per l’Italia, in Polesine la ricchezza prodotta scenderà addirittura dello 0,9%, che sembra una briciola ma parliamo di milioni e milioni di euro in meno nelle casse delle imprese e, a cascata, di famiglie e lavoratori. Rovigo si piazza al 106esimo posto su 107 province nella graduatoria - elaborata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Prometeia - della crescita 2023. Peggio fa soltanto la provincia calabrese di Vibo Valentia, che arretrerà di un punto, ma non è una consolazione.
Il resto del Veneto è lontanissimo: Verona crescerà di mezzo punto percentuale, quinta miglior performance su base nazionale, Venezia (nona) dello 0,4%, Belluno dello 0,3% (come Roma). Padova resterà immobile, Vicenza perderà lo 0,1%, Treviso cederà addirittura lo 0,4%. Ma il Polesine arretrerà dello 0,9%. Rispetto al pre-Covid, però, Treviso quest’anno ha recuperato l’1,4%, mentre noi - unica provincia in Veneto - siamo addirittura in deficit dell’1,6% rispetto al periodo precedente alla pandemia. Insomma, siamo in recessione nera.
E per salvare famiglie e imprese - secondo la ricetta proposta dalla Cgia di Mestre - servirebbero 70 miliardi di euro. Un messaggio chiarissimo per il nuovo governo.
Dall’osservatorio degli artigiani, del resto, non hanno dubbi: è in arrivo uno degli inverni più difficili degli ultimi 50 anni. Per salvare i bilanci delle famiglie e delle imprese, infatti, sarà necessario impiegare entro la fine dell’anno almeno 70 miliardi di euro. Di questi, 35 per dimezzare il caro bollette e altrettanti, con la legge di bilancio 2023, per non far decadere dal prossimo gennaio alcune misure introdotte dal governo uscente. La situazione è critica: il nuovo esecutivo dovrà fare l’impossibile per recuperare tutte queste risorse senza ricorrere ad un aumento del deficit, visto che, al massimo, potrà beneficiare su un “tesoretto” che potrebbe toccare i 25 miliardi di euro. Se non riuscirà a recuperarne altri 45, rischiamo un 2023 molto complicato. Secondo le ultime previsioni, infatti, ben sei province su 10 registreranno una crescita negativa.
Visti i tempi risicatissimi, anche approvare in tempo la prossima legge di bilancio non sarà semplicissimo: per legge il voto definitivo dovrà avvenire entro il 31 dicembre, altrimenti potrebbe farsi strada l’esercizio provvisorio. Pertanto, i tempi a disposizione sono strettissimi e non sarà facile trovare tutte le risorse per confermare, anche per l’anno venturo, molti provvedimenti introdotti dal governo Draghi che, si stima, quantificabili in 35 miliardi di euro, così suddivisi: quasi 15 miliardi di euro per rinnovare nel primo trimestre le misure contro il caro energia previste dal decreto Aiuti ter; almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni; almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego; 4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2% a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35mila euro; due miliardi di euro di spese indifferibili.
“Sono risorse, quelle appena elencate, che non includono nessun altra misura - dicono ancora dalla Cgia - tanto meno quelle che sono state al centro della recentissima campagna elettorale. Come l’estensione della flat tax, le pensioni minime a mille euro, il taglio del cuneo fiscale, eccetera”.
Il “tesoretto”, che il nuovo governo “erediterà” dal premier uscente Draghi, potrebbe essere di 20 miliardi di euro: 10 da usare subito e altri 10 da impiegare nella manovra 2023. Risorse che sono state “recuperate” senza fare nuovo deficit, grazie al fatto che in quest’ultimo anno l’esecutivo uscente è riuscito a mantenere i conti ordine. Un ulteriore aiuto potrebbe arrivare anche da Bruxelles che sta per mettere a punto una misura che consentirà di recuperare i fondi strutturali europei 2014-2020 non ancora spesi o non impegnati in modo vincolante. Il nostro Paese potrebbe avere a disposizione tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Pertanto, a fronte di 70 miliardi di spese da impegnare nel giro di poco più di 2 mesi, il nuovo governo può contare su una copertura di circa 25 miliardi. Nel caso non si volesse fare nessun altro scostamento di bilancio, non sarà certo facile trovare in poco tempo ben 45 miliardi di euro
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