VOCE
SPARI IN CLASSE
29.10.2022 - 05:34
“Sarà un percorso molto lungo. Da una prima valutazione possiamo solo dire che pare che i ragazzi ancora non si siano resi conto di quello che hanno fatto e di tutto quello che gli sta succedendo attorno”. Sono le parole di Isabella Sgarbi, preside dell’istituto Viola Marchesini, la scuola finita al centro della cronaca nazionale dopo che i ragazzi di una classe prima hanno sparato alla professoressa con una pistola ad aria compressa.
Ieri mattina è cominciata per gli studenti, che devono “scontare” come punizione una settimana di sospensione con obbligo di presenza, la valutazione da parte della psicologa. Una prima valutazione necessaria per definire un percorso di incontri necessari dopo il gravissimo episodio.
“E’ stato solo un primo breve incontro con la classe - spiega la preside - caratterizzato da una prima raccolta di osservazioni. Non posso dire più di tanto perché è necessario che si instauri un rapporto tra la psicologa e gli studenti che sarà molto delicato. Diciamo solo che, da quanto mi è stato riferito, ad una prima impressione pare proprio si tratterà di un percorso veramente lungo. Sarà necessario gettare le basi per una condivisione del sistema delle regole. Che proprio mancano. Ecco, ad una prima impressione manca proprio questa base di partenza o comunque non ce l’hanno ben presente”.
Preside, ma si rendono conto di quello che hanno fatto?
“Sembra che non abbiano avuto una effettiva presa di coscienza. La psicologa, ma ripeto è una prima impressione, ha notato una certa distanza, un certo distacco da quello che è successo, che hanno fatto. Ma forse è anche una forma di difesa”.
La classe aveva manifestato anche prima di questo gravissimo episodio dei segnali?
“No. Una classe di prima come tutte le altre. Nei giorni di osservazione seppur breve, diciamo dopo il primo mese di scuola, non c’erano segnali particolari. Non vi era stata alcuna manifestazione di comportamenti disfunzionali. Oggi invece notiamo completo distacco da tutto quello che sta succedendo intorno a loro. Non dimostrano nulla, sembra non abbiamo avuto una effettiva presa di coscienza. La mia impressione è che oggi i giovani, non solo loro, siano anestetizzati da tante cose che li circondano”.
Sarà un percorso lungo, quello con la psicologa?
“Sicuramente sì. Mancano proprio le basi. E ci saranno anche degli incontri con i genitori, la psicologa sta chiedendo i consensi per organizzare. Sono ragazzi di prima e sono ancora all’inizio di un percorso formativo che deve svilupparsi, certo, ma quello che è successo spinge un po’ tutti a interrogarsi, non solo la scuola, anche la società civile. Costruiremo un percorso con calma e pazienza come facciamo di solito. Di situazioni di scherno ce ne sono sempre state ma ci deve essere il senso della misura e del limite. Manca proprio il discernimento, è tutto da costruire. E’ una cosa che si costruisce insieme, non si può imporre”.
E’ compito della scuola?
“Non solo, ma in questo momento sì. Bisogna iniziare da questo: questi ragazzi oggi più della matematica, dell’italiano e di altre materie hanno bisogno proprio di questo. E un conto è che sappiano le regole, che possono essere apprese studiando l’educazione civica, altra cosa è interiorizzarle. E’ il concetto di diritto vivente. E per questo serve tempo”.
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