VOCE
IL CASO
03.11.2022 - 18:00
Finisce l’esperienza dei navigator. Nei giorni scorsi, con una nota del ministero per il Lavoro, si è definitivamente spenta la possibilità per migliaia di navigator di vedersi rinnovato il contratto.
Per il ministero del lavoro, infatti, "non è allo studio nessuna norma per il loro riutilizzo". I circa mille navigator superstiti con il contratto scaduto il 31 ottobre scorso non saranno quindi prorogati. “Eventuali ulteriori utilizzi degli ex navigator richiederebbero l’approvazione di una apposita norma che non allo studio”, fanno sapere ancora dal ministero. Per cercare di capirne di più, abbiamo chiesto il parere di una polesana, ormai ex navigator.
“Noi del Veneto abbiamo concluso il contratto il 31 luglio perché la Regione non ha richiesto la continuità di proroga per ulteriori tre memesi scaduti il 31 ottobre – spiega la ragazza - Di fatto chi non si è già ricollocato è in dis-coll. la regione Veneto ha indetto un concorso per tramite dell’ente Veneto Lavoro per assumere personale dei centri per l’impiego e riconosce all’esperienza dei navigator un punteggio in base ai mesi effettivamente prestati in assistenza tecnica".
"Ovviamente di base bisogna passare il concorso – continua - Per quanto riguarda l’esperienza dei navigator è stata molto variegata sia a livello nazionale sia a livello regionale: di fatto ogni ambito territoriale di Anpal Servizi, nostro datore di lavoro/committente, ha lavorato in modo diverso, a tratti non sono nemmeno paragonabili le esperienze. Ad esempio regioni che non hanno mai permesso l’accesso dei nav ai centri per l’impiego e altre che hanno scaricato al 100% la gestione del reddito di cittadinanza ai nav".
"La mia esperienza personale nella nostra provincia è stata positiva – continua ancora - il rapporto con Veneto lavoro e i Cpi è stato più che buono e io ho fatto il mio lavoro nei limiti imposti dalla convenzione tra Anpal servizi e la regione. Mi dispiace molto che la nostra figura sia stata politicizzata e strumentalizzata fin dall’inizio – prosegue con una punta di rammarico - noi siamo tecnici che applicavano delle procedure, non amministrative in Veneto, riguardo il reddito di cittadinanza, nulla più nulla meno. Posso dire che la stragrande maggioranza dei beneficiari che ho assistito necessitavano del sussidio per sopravvivere e hanno sempre aderito alle varie proposte fatte in base alle effettive possibilità personali ma soprattutto logistiche".
"Per esemplificare, se uno risiede a Porto Caleri o a Santa Giulia, è comprensibile che proporgli un corso di formazione a novembre a Rovigo di pomeriggio è un po’ complicato. Se a questo aggiungiamo che la patente ce l’aveva meno del 50% dei beneficiari come si fa? Il target del Rdc che accede al centro per l’impiego è davvero sul limite del disagio sociale, sono davvero pochi i collocabili e, infatti, quelli si collocano velocemente, magari sono nuclei famigliari monoreddito con minori e contratti a tempo determinato".
"Certo, ci sono stati anche casi di furbizia, di pigrizia o di ‘ignoranza’, ma posso garantire che abbiamo lavorato per attivare anche queste persone e, laddove non sia stato possibile, sono state applicate le sanzioni previste dalla legge. Il problema di fondo non è mai stato il nostro lavoro – conclude - il grossissimo nodo insolubile è nel rapporto tra competenze regionali e statali in materia di politiche del lavoro. È come sempre un gioco di potere, e noi ci siamo capitati in mezzo. Posso dire che, amaramente, siamo gli unici professionisti vincitori di un concorso pubblico, poi ribattezzato selezione, che non sono stati regolarizzati dallo Stato. In generale per quanto riguarda il rdc basterebbe fare i controlli preventivi sulle domande e applicare veramente e dappertutto le sanzioni già previste dalla legge”.
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