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IL CASO

"Lo sport è inclusione e gioia, non una caserma"

Continua la polemica che ha recentemente investito il mondo della ritmica: le opinioni dei Rodigini

"Lo sport è inclusione e gioia, non una caserma"

Continua la polemica che ha recentemente investito le Farfalle, ovvero la nazionale azzurra di ginnastica ritmica, dopo che due ex atlete hanno denunciato di aver subito abusi psicologici, vessazioni e umiliazioni dagli allenatori che criticavano di continuo il loro peso nonostante fosse in realtà nella norma. Il tutto ad un’età delicata come quella della preadolescenza. Pressioni che avrebbero portato all’abbandono della disciplina e addirittura all’idea di suicidarsi.

Anche il capitano della squadra, Alessia Maurelli, è intervenuta sulla vicenda sentendosi “rattristata” da quando appreso e chiedendo maggiore chiarezza. E se l’opinione pubblica si divide tra chi ritiene lo sport semplicemente un passatempo perlopiù se in giovane età e tra chi invece ritenga necessari anche dei sacrifici, tutti sono invece d’accordo sul fatto che lo sport debba essere praticato in un clima rilassato e di divertimento, non di certo in un clima di pressioni e umiliazioni.

Secondo Luca ad esempio: “Lo sport non dovrebbe essere così totalizzante a 13 anni. Lo sport nasce come inclusione, è questa la sua utilità ed è prima di tutto una scelta libera. Per questo motivo non ci dovrebbero essere delle imposizioni soprattutto in atlete così giovani che a causa di ciò potrebbero vedere minata anche la loro salute psicofisica. Io consiglio ai giovani di fare sport ma la prima cosa che dovrebbe essere creata è uno spirito di gruppo o uno spirito che porti ad un benessere anche mentale come una valvola di sfogo ma il tutto nell’ottica dell’inclusione. Gli allenatori dovrebbero creare una realtà positiva e rilassata non un’ambiente pressante come lo è già la vita al di fuori dello sport”.

Anche Andrea è d’accordo e aggiunge: “Lo sport dovrebbe essere scelto più dagli atleti che dai genitori che dovrebbero lasciare i propri figli liberi di scegliere quello che gli piace fare di più. Ad un bambino bisogna lasciare lo spazio per giocare liberamente, soprattutto in giovane età e anche il tempo per dedicarsi a sé stessi. Lo sport è giusto farlo ma con le dovute cautele lasciando lo spazio agli atleti per esprimere le proprie capacità liberamente. Crescendo un atleta può anche dimostrare dove può arrivare ma bisogna tenere sempre conto dell’emotività dei simboli senza fare troppe pressioni lasciando spazio alla loro gioventù”.

Non solo divertimento ma anche sacrificio. Questo è lo sport per Daniela ma tutto ha un limite: “Sicuramente serve uno sforzo quotidiano ma gli atleti hanno bisogno anche di divertirsi, gli deve piacere allenarsi e non devono essere costretti. Gli allenatori dovrebbero essere anche un po’ psicologi. Dovrebbero far divertire i giovani facendogli però capire anche l’importanza della disciplina, fin dove riescono ad arrivare”.

Infine per Franco questo atteggiamento pressante nei confronti degli atleti è eccessivo e non educativo come spiega: “Lo sport è un momento di aggregazione, divertimento ma anche educazione. Lo sport è molto importante ed ha un grande valore per la crescita di ogni persona, soprattutto se si parte fin da piccoli”.

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