VOCE
ESTRAZIONI IN ALTO ADRIATICO
09.11.2022 - 08:03
Il coro di no alle estrazioni di gas a poche miglia dal Polesine è vasto. Sulla questione delle trivelle interviene anche l’assessore regionale Cristiano Corazzari. Nei giorni scorsi il governo ha preso la decisione di far riaccendere le trivelle per l’estrazione del metano, in modo da ottenere il prima possibile gas a prezzo calmierato.
Un tema particolarmente sentito in Polesine, che in questi giorni ha visto un coro pressoché unanime di no alle nuove estrazioni, anche a causa del fenomeno della subsidenza, ossia l’abbassamento della costa e del terreno a seguito dello svuotamento delle sacche di idrocarburi, che in passato tanti grattacapi ha creato nel nostro territorio.
“Per quanto riguarda il Polesine, esiste una storia di subsidenza dovuta alle estrazioni effettuate nel dopoguerra che ha reso la nostra terra particolarmente fragile - spiega l’assessore Corazzari - Per ogni iniziativa di questo tipo, devono essere valutate attentamente soprattutto le conseguenze proprio di questa subsidenza che potrebbero essere disastrose. Il nostro territorio deve essere assolutamente preservato per evitare che si riattivi questo processo che porterebbe certamente a danni irreparabili”.
“Bisogna contemperare le giuste esigenze di autonomia energetica - conclude l’assessore Corazzari - con quelle di non generare danni irreparabili per il territorio che renderebbero la nostra terra insicura dal punto di vista idraulico. E su questo la nostra storia parla in modo chiaro”.
Il governo ha deciso che dal primo gennaio il metano estratto in Italia dovrà essere venduto a un prezzo calmierato, tra i 50 e i 100 euro al megawattora. Andrà alle aziende del vetro, ma anche a quella della ceramica e a tutte le altre gasivore che potranno così rifornirsi a un costo inferiore rispetto a quello che sostengono da mesi. La boccata d'ossigeno si regge su una contropartita concessa alle società che devono estrarre il gas. Questo comporterà l’espansione del perimetro delle estrazioni e l’aumento di trivelle.
L’area interessata dalle possibili nuove estrazioni e un’area di 126 chilometri quadrati, al largo della costa polesana. Una superficie in cui potranno entrare in funzione le trivelle, in base al provvedimento presentato dal governo come emendamento del Dl Aiuti ter. Le trivellazioni sono ammesse nell’Alto Adriatico, a sud del 45esimo parallelo ma con il via libera alle estrazioni al largo del Delta del Po, di fronte alla foce del Po di Goro ed oltre le nove miglia dalla costa e relative a giacimenti di almeno 500 milioni di metri cubi di gas. Che potranno essere sfruttati per dieci anni. Il governo stima di poter ricavare così 15 miliardi di metri cubi di gas da qui al 2032. Poca cosa, dicono molti osservatori, rispetto al fabbisogno nazionale.
La modifica normativa varata nei giorni scorsi riammette “a produzione le concessioni esistenti in Alto Adriatico”, con tutte le limitazioni del caso. Ad oggi non sussistono istanze di concessioni in corso di istruttoria nella fascia compresa tra le 9 e le 12 miglia dalla costa, ma vi sono cinque permessi di ricerca che vi insistono parzialmente o integralmente. Di questi, uno riguarda direttamente la costa veneta, con il 40% dell’area interessata al di fuori del limite delle 9 miglia e dunque potenzialmente “coltivabile”. Ma il territorio polesano sta dicendo un netto “no”.
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