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ROVIGO

Una vera eccellenza nella cura del Long Covid

La Casa di cura Città di Rovigo ha individuato un percorso innovativo ed efficace

Una vera eccellenza nella cura del Long Covid

I pazienti colpiti dal Covid-19 necessitano sovente di uno specifico percorso di riabilitazione: passata la fase acuta dell’infezione hanno, infatti, difficoltà nella respirazione, nel camminare, nel concentrarsi e, in generale, nel tornare alla vita quotidiana.

“Il cosiddetto “Long covid”  porta a conseguenze spesso sconosciute se non addirittura sottovalutate - spiega Paolo Boldrini, medico consulente fisiatra della casa della casa di cura “Città di Rovigo” e segretario generale di Esprm(Società Europea di Medicina Fisica e Riabilitativa) – Si tratta di una situazione che riguarda anche coloro che hanno avuto la forma leggera di infezione ed è la stessa Oms a raccomandare la necessità di sottoporre a controlli anche questi pazienti perché spesso il “long covid” non viene riconosciuto”.

L’occasione è il convegno organizzato nella mattinata di sabato 3 dicembre in sala Bellinazzi della casa di cura per presentare i percorsi messi in atto e i dati emersi dalla riabilitazione dei pazienti ricoverati alla “città di Rovigo” dove, dalla fine del 2020, è stato sviluppato, grazie alla collaborazione con l’Ospedale di Trecenta, un percorso dedicato di riabilitazione post Covid che ha accolto una settantina di persone.

“Pazienti che vengono poi seguiti anche successivamente con monitoraggi a 12 mesi di distanza dalla dimissione -  spiega il responsabile dell’area riabilitativa della casa di cura “Città di Rovigo”, Massimo Iannilli - I risultati ottenuti sono decisamente incoraggianti perché, già dopo il ricovero di alcune settimane, la maggior parte delle persone ha registrato un recupero dell’autonomia: la media della permanenza in riabilitazione si attesta in generale a più di un mese”.

Risultati che sono stati presentati, quest’estate, anche al congresso internazionale di Lisbona riscuotendo un notevole interesse a livello internazionale. “Spesso i pazienti iniziano la riabilitazione con un sentimento di scampato pericolo per la fase acuta – aggiunge Boldrini - Un atteggiamento di forte motivazione che ha sicuramente evitato a loro di cadere in stati di depressione e ansia che la letteratura scientifica mostra essere tra le conseguenze, anche a distanza, dell’infezione soprattutto in coloro che hanno superato il Covid restando a casa e non all’interno di una struttura sanitaria”.

In sostanza il percorso riabilitativo ha messo al riparo i pazienti anche dalle conseguenze psicologiche della malattia. “Abbiamo imparato alcune cose dopo due anni di attività: la malattia da long covid, porta a conseguenze che si presentano in maniera trasversale tra i pazienti, anche se ci sono alcuni fattori di rischio conosciuti in letteratura – sottolinea Iannilli – E’più facile che queste sequela di sintomi compaia nelle donne piuttosto che negli uomini. Altri fattori di rischio sono l’obesità e la preesistenza di altre malattie”.

“Abbiamo ora a disposizione un know - how che si spera non debba più servire ma, se mai ce ne fosse bisogno, è disponibile e pronto – conlude Boldrini – E tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione con le strutture dell’azienda Ulss 5 polesana e al lavoro di un team interdisciplinare composto da medici, fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali, psicologi, infermieri ed operatori socio sanitari”.

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