VOCE
PAGAMENTI ELETTRONICI
19.12.2022 - 07:35
Una marcia indietro netta e clamorosa, alla luce delle precedenti dichiarazioni del Governo: salta l'innalzamento a 60 euro della soglia oltre la quale gli esercenti sono obbligati ad accettare pagamenti elettronici. E non si arriva neppure a quei 40 euro dei quali l'esecutivo aveva parlato come possibile "Piano B". La soglia rimane fissa a 30 euro.
La resa del governo sul Pos obbligatorio apre a una soluzione “alla Draghi”. Ieri la norma che introduceva la soglia di 60 euro per i pagamenti elettronici è ufficialmente saltata. A causa dell’interlocuzione con l’Unione Europea sulla Legge di Bilancio. Perché il comma 2 dell’articolo 69 del disegno di legge Bilancio non è coerente con gli obiettivi del Pnrr sull’evasione fiscale. La premier Giorgia Meloni si è detta pronta a trovare altre soluzioni: "Ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti".
Mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è stato più specifico: "Si tratta di trovare soluzioni compatibili con le raccomandazioni e le normative di riferimento anche in sede europea". Quali? L’ipotesi che circola con maggiore insistenza dalle parti di via XX Settembre è quella di tornare ai crediti d’imposta sulle commissioni. Ovvero alla soluzione già varata dai governi Conte e Draghi.
Di fronte alle obiezioni dell’Unione Europea il governo aveva deciso di percorrere prima la strada della trattativa. L’ipotesi era quella di abbassare la soglia a 30 euro. Anche perché secondo gli studi l’80% dei pagamenti digitali è sotto la soglia di 60 euro. Ma l’esecutivo ha deciso di non forzare la mano per evitare contrasti con Bruxelles. Ecco quindi che sul tavolo del Tesoro, racconta oggi Repubblica, sono finite le prime ipotesi per gli aiuti agli esercenti. Tra le misure allo studio, spiega il quotidiano, anche i crediti d’imposta sulle commissioni. Ovvero lo stesso sostegno che era stato già messo in campo da Giuseppe Conte. E che poi Mario Draghi aveva rafforzato, portando la percentuale dello sconto fiscale per le spese sostenute dagli esercenti dal 30% al 100% con il paletto del fatturato fissato a 400 mila euro.
Il Corriere della Sera ricorda oggi che il credito d’imposta al 50% per i distributori di carburante lo ha introdotto il governo di Paolo Gentiloni nel 2018. Ufficialmente proprio perché i margini di guardagno erano troppo bassi. A ottobre 2019 il governo Conte II ha esteso il credito d’imposta al 30% a tutti gli esercenti con i ricavi annui sotto i 400 mila euro. Mentre Draghi lo ha alzato al 100% per tutte le transazioni effettuate tra il primo luglio 2021 e il 30 giugno 2022. L’esecutivo precedente ha anche lanciato il cosiddetto “bonus Pos”, ovvero il credito d’imposta fino a 320 euro per chi acquistava lo smart Pos con la memorizzazione e la trasmissione telematica dei pagamenti elettronici. Mentre il governo Meloni ha varato un credito d’imposta di 50 euro per gli esercenti che acquistano registratori di cassa telematici.
Cosa faranno quindi Meloni e Giorgetti sui bancomat? L’ipotesi più logica e più probabile, anche considerando lo scarso tempo a disposizione per l’approvazione della manovra, è quello di riportare il credito d’imposta al 100% per i commercianti e per i taxisti. Probabilmente con una soglia, che potrebbe essere ancora quella dei 400 mila euro di fatturato. Per andare così incontro ai piccoli esercenti, che paiono i destinatari della norma più interessati. Un retroscena su La Stampa sostiene che la premier abbia deciso così sui resa sul bancomat – bocciata anche dai sondaggi – per non perdere il sostegno della Commissione Europea sui dossier più importanti. Anche se quella di oggi somiglia proprio a una resa. La pacchia non è finita.
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