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RICORDANDO “O REI”

“Quando fermai il grande Pelé”

Saul Malatrasi: “E’ stato il migliore di sempre. Faceva paura: Carniglia mi disse, segui me e tutto andrà bene”

“Quando fermai il grande Pelé”

Quella sera in cui a Firenze sbarcarono i marziani, Saul Malatrasi da Calto era lì a difendere la Terra; o, se non altro, i terrestri; insomma, quelli normali. Tre giugno 1960, allo stadio Comunale arriva il Santos: per i bianconeri paulisti è la prima volta in Italia. In campo, con il numero 10, schierano quel ragazzino di neanche 20 anni che già due anni prima aveva trascinato la nazionale verdeoro alla conquista del proprio primo, storico, mondiale. Pelé. Ma mica solo lui: Pepe, Coutinho, Mengalvio, Dornal. Un certo Zito a fare il mediano.

Tribune piene, altre 10mila persone rimaste fuori dai cancelli. Un evento storico. I marziani mica sbarcano tutti i giorni.

Saul Malatrasi, 62 anni dopo: ma Pelé se lo ricorda?

“Se me lo ricordo? Ero un ragazzino, appena arrivato alla Fiorentina dalla Spal. Ho giocato prima contro il Santos, poi contro il Real di Di Stefano. Quella partita l’ho giocata da terzino destro, mi hanno fatto marcare Pepe (405 gol in carriera con il Santos, ndr). Non avevo mai visto uno tirare così: un tiro, in particolare, mi ha preso dritto nel sedere. Mi è rimasto il segno delle cuciture del pallone per tre giorni”.

Che partita è stata?

“Questi erano campioni del mondo, avevano una squadra di campioni. Quei cinque là davanti, Madonna mia, era da mettersi le mani nei capelli. Ma abbiamo vinto noi: 3-0. Scrissero che il Santos era un po’ giù di forma, ma nel finale Pelé ha preso anche una traversa. Noi, comunque, non eravamo una squadretta: Sarti in porta, Hamrin, e poi Montuori, Lojacono, Petris, tutti e tre in gol quella sera”.

Lei aveva 22 anni, aveva già giocato in Serie A ma si stava affacciando al calcio che conta: la Fiorentina è stata il trampolino per Inter e Milan, con cui ha vinto due Coppe Campioni. Cosa provò quella sera?

“Chiappella, che era alla Fiorentina dal 1949 e stava per diventarne allenatore, mi disse: ‘Hai paura? Tu ascolta me, seguimi e vedrai che andrà tutto bene’”.

In campo, per un tempo, anche Sormani, origini polesane.

“L’ho notato subito: era uno dei pochi bianchi in un Brasile pieno di campioni neri. Sembrava lavato con il latte. Al Milan, anni dopo, siamo stati compagni di squadra e di camera, per tre anni. Ma non mi ha mai detto di essere polesano d’origine. E’ un mio caro amico ancor’oggi”.

Lo sente ancora?

“Certo, mi ha chiamato per gli auguri di Natale. Non cammina più, che dispiacere”.

Com’era andato il suo arrivo a Firenze?

“Con la Spal mi ero messo in luce: ero un giovane importante. Quell’estate dovevo andare alla Juve, mi chiamò Umberto Agnelli e mi chiese, lo ricordo ancora: ‘Malatrasi, verrebbe volentieri da noi?’. Risposi certo. Ma mi avvisò: ‘Se andiamo in Coppa Campioni ci serve uno di esperienza, come Cervato della Fiorentina’. Andò così e presero lui, e io finii alla Fiorentina. Dissi: va bene”.

Dopo il Santos, toccò al Real.

“L’allenatore, Carniglia, era arrivato un anno prima da Madrid. Vivevo nel suo stesso palazzo: al piano di sopra abitava Hamrin. Carniglia era amico di Di Stefano: ne presentò la moglie a mia madre”.

Malatrasi, domanda di rito: Maradona o Pelé?

“Pelé era completo. Destro, sinistro, dribbling, stacco: tutte le qualità calcistiche che servono. Non gli mancava niente. E poi era un professionista eccezionale. Come Ronaldo, Cristiano intendo. Poi ci sono altri tipi di giocatori: Maradona faceva tutto con un piede, ma aveva occhi ovunque. Era un fenomeno. Ma mi ricordava Ribot, il cavallo che vinceva tutte le corse quando ero a Milano: era fatto male ma vinceva sempre lui”.

Non ha mai citato Messi.

“E’ come Maradona. Cioè, con un fisico diverso, migliore. Ma con lo stesso talento”.

Meglio lui o Cr7?

“Cristiano. E’ come Pelé”.

Marziani. Ancora loro.

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