VOCE
RICORDANDO “O REI”
31.12.2022 - 05:00
“Abbiamo perso non solo un campione sportivo, ma anche di vita”. Si emoziona il chioggiotto Corrado Penzo, parlando di Pelè. Aveva 20 anni Penzo, era il 20 giugno del 1967, e giocava nel Venezia appena retrocesso in Serie B: quel giorno a Riccione i neroverdi disputavano un’amichevole di lusso contro il Santos di Pelè.
“Quella serata il mister, Armando Segato, diede le formazioni, mi guardò e mi disse, all’epoca ci si dava ancora del ‘lei’, ‘stia tranquillo non lo do a lei da marcare il mostro’” ricorda Penzo. Il mostro, ovviamente in senso sportivo del termine, era Pelè e mister Segato - già centrocampista arcigno della Fiorentina e della Nazionale - era sulla panchina del Venezia.
“Mi ricordo che quella sera eravamo in attesa di un ragazzo che giocava in Serie C, che sarebbe dovuto venire in prova col Venezia, era uno stopper - prosegue Penzo - alla fine arrivò questo marcantonio molto timido, giovane, che cercava di fare amicizia con quelli della sua età. Chiedeva qualche dritta a me, che secondo lui, avendo già giocato in A, avrei dovuto avere più esperienza. Alla fine il mister gli fece marcare Pelè, disputò una partita eccezionale, con una sicurezza incredibile, fermando il centravanti brasiliano. Quel giovane era Sergio Santarini, oltre 350 partite in serie A con la Roma negli anni a venire. Ma quella sera, che il Venezia lo doveva prendere, c’erano pure i dirigenti dell’Inter a vedere la partita: offrirono qualche Lira in più del Venezia e se lo portarono via”.
Poi Penzo ritorna a parlare di Pelè. “La sua storia riassume secondo me per il calcio, ma in generale per lo sport, tutto quello che un ragazzino può sognare di essere da grande - le sue parole - la sua lealtà sportiva e la capacità di comunicarla al mondo. Ricordo che vederlo nei pochi spezzoni in tv era uno spettacolo. C’è un altro aneddoto che mi aveva raccontato Livio Fongaro, mio allenatore al Sottomarina. Fongaro giocava nell’Inter e Pelè, allora 16enne, era in panchina in una tournée del Santos in Italia".
"La partita era a San Siro, a un certo punto Pelè prese palla a centrocampo, scartò tutti, portiere compreso, e segnò. Applausi dal pubblico. L’Inter portò la palla al centro, battè, il Santos rubò palla che finì a Pelè il quale scartò nuovamente tutta la squadra nerazzurra per segnare il secondo gol. Fongaro mi disse che applaudirono per un quarto d’ora di fila. Possiamo anche ammettere che fosse diverso per la sua velocità, ma quando avevano imparato a conoscerlo, raddoppiavano sempre la marcatura, ma lui li saltava comunque”.
Quella partita del 20 giugno 1967 a Riccione, però, rimarrà sempre nel cuore di Penzo. “Era all’apice della sua carriera, aveva 26 anni, al massimo della condizione - racconta - ma ciò che mi ha meravigliato è stata la sua disponibilità enorme, per autografi e fotografie, anche se era stanco dopo la partita, non ne ha mai rifiutata una. Un esempio anche in quello, sempre col sorriso che non era una maschera, ma il suo modo di essere, di divertirsi giocando a calcio, come fanno tutti i brasiliani. Lo sport deve essere divertimento e Pelè si è divertito e ha fatto divertire quelli che andavano a vedere le partite: il prezzo del biglietto era sempre speso bene”.
Per la cronaca la partita finì 1-0 per il Santos. “Perdemmo 1-0 per un ‘golazzo’ di un terzino da 25 metri (Geraldinho ndr), ma mi ricordo che prendemmo anche un palo - conclude Penzo - magari loro non erano concentrati come noi, ma alla fine, a dispetto di quel che dice De Cubertain che l’importante è partecipare, io aggiungo sempre ‘ma si gioca con l’intento di vincere’”.
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