VOCE
IL RICORDO
02.01.2023 - 12:00
Era il 22 marzo del 1992, più di 30 anni fa, quando un teatro Don Bosco traboccante accoglieva Joseph Ratzinger, all’epoca cardinale prefetto della Congregazione per la fede. Tredici anni dopo, alla morte di Giovanni Paolo II, sarebbe diventato Papa, fino alle - storiche - dimissioni del 28 febbraio 2013. Nell’ultimo giorno del 2022, Benedetto XVI ha lasciato questo mondo, ma il suo ricordo e - in particolare - quello di quel giorno a Rovigo è vivissimo in chi c’era.
Tra questi, Paolo Avezzù, all’epoca assessore ai Servizi sociali nella giunta Brazzorotto, che assieme al vescovo Martino Gomiero accolse il futuro Papa in città. “In quell’occasione - ricorda oggi Avezzù - abbiamo avuto un dialogo a tu per tu, e mi sono presentato come praticante di Comunione e Liberazione. Ratzinger mi confidò di avere una grande simpatia per i movimenti ecclesiali e per le nuove forme di aggregazione laicale”.
Già, Cl: Ratzinger partecipò più di una volta al Meeting di Rimini. Avezzù, c’era anche lì?
“Ricordo ancora con emozione la sua lectio magistralis davanti a 15mila persone, al Meeting del 1990. Con noi ebbe una vicinanza profonda: celebrò il funerale di don Giussani, poche settimane prima di diventare Papa. Piazza Duomo era strapiena, non andai perché ci sconsigliarono di raggiungere Milano. C’era troppa gente”.
A Rovigo, invece, che incontro fu?
“Lo organizzò la diocesi, grazie anche all’aiuto di monsignor Livio Melina, adriese che lavorava a stretto contatto con il cardinale Ratzinger al Sant’Uffizio. Fu un incontro molto emozionante, e di altissimo spessore: una profonda riflessione su come la fede potesse ancora rispondere alle domande dell’uomo di oggi. Ratzinger è stato un grande teologo, un uomo le cui parole volavano altissimo. Ma sapeva farsi capire, come avvenne quel giorno a Rovigo. Nel 2005 poi, appena diventato Papa, lo sfiorammo”.
In che senso?
“Rovigo era presente alla sua prima uscita pubblica, a Bari nel giugno 2005 per il Congresso eucaristico nazionale. Ero sindaco, e portammo una bella mostra fotografica, ideata da Pino Padoan e dedicata ai quadri della Rotonda, che l’anno prima al Meeting di Rimini aveva fatto registrare 80mila visitatori. A Bari la vennero a vedere tutti i cardinali più importanti, non solo italiani, e anche il segretario del nuovo pontefice. Quei pannelli sono ancora conservati nel tempio: ora si potrebbe riproporli al pubblico”.
Che papato è stato quello di Benedetto XVI?
“Profondo. Mentre Giovanni Paolo II parlava a tutti, e risultava vicino alla gente, Benedetto XVI ha saputo parlare alla Chiesa, ma anche al mondo della cultura e alla scienza. Le sue prese di posizione erano nette e coraggiose; poteva dividere, come avvenne col discorso di Ratisbona, ma era un uomo e un pensatore immenso. Da ogni suo gesto traspariva il suo amore per la Chiesa”.
E come giudica la scelta di dimettersi?
“L’amore per la Chiesa si è vista anche qui: è rimasto al fianco di Francesco, aiutandolo e assistendolo. Una presenza silenziosa ma importante e mai ingombrante. E un affetto e un amore fraterno ricambiato: per lui Francesco ha sempre avuto stima e amore. Anche perché l’attuale Papa non è uno che le manda a dire: è molto diretto e umorale, se deve allontanare qualcuno lo fa, e lo ha fatto. Non Benedetto XVI: il tentativo di contrapporli c’è stato, da parte di ‘bande’, interne ed esterne alla Chiesa. Ma non è riuscito”.
Paolo Avezzù, nel suo ufficio c’è da sempre una foto con Wojtyla: ma quanti Papi ha incontrato?
“Il primo fu Paolo VI. Avevo 21 anni e fui delegato dalla diocesi di Rovigo per partecipare al primo congresso ecclesiale della Chiesa italiana, nel 1976. Lì venni estratto a sorte, assieme ad altri 25 su 600 delegati, per ricevere la comunione direttamente dal Santo Padre. Fu una bella fortuna. Poi incontrai Giovanni Paolo II sia nel 1991 che nel 1992, oltre che in tante altre occasioni; quindi Ratzinger, come abbiamo detto; e da ultimo Francesco, nel settembre 2020, in un’udienza con sole 110 persone: ci salutò uno per uno”.
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