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Il collegio degli ex

Il Maskò: da tempio dance al nulla

Per anni luogo di musica e ritrovo, ora vuoto urbano invaso da erbacce

Il Maskò: da tempio dance al nulla

Per anni luogo di musica e ritrovo, ora vuoto urbano invaso da erbacce

Per anni è stata la discoteca polesana per eccellenza, punto di ritrovo di tantissimi giovani. E negli anni ‘70 oltre che “disco” anche locale per seguire concerti ed esibizioni di cantanti e comici. Quasi ogni polesano che ha tra i 35 e i 65 anni anni conserva almeno un ricordo legato al Maskò che in origine si chiamava Popsy, la discoteca che sorge sulla statale 16 ad Arquà Polesine e a pochi chilometri da Rovigo.

Un locale che da anni langue in stato di abbandono. Quante serate al ritmo degli ultimi successi dance, quanti amori sbocciati e poi consolidati o tramontati, quante amicizie portate avanti per “tirar tardi”. Ed ora solo degrado.

La discoteca nata Popsy negli anni settanta, si trasformò nel 1987 in Maskò e, anche grazie alla sua collocazione geografica, divenne un appuntamento fondamentale per tanti giovani provenienti dal Veneto, dall’Emilia, dalla Lombardia. Il locale sorse dall’intuizione della famiglia Ferrari, grandi conoscitori del mondo del divertimento e chiuse nel 2005. Nel 2008 fu devastato da un incendio che distrusse gran parte del locale. Di questa discoteca non restano che i ricordi e vecchie immagini, visto che non c’è più niente dell’antica gloria, solo erbacce, vetri rotti e la stessa desolazione di un vecchio luna park in abbandono.

Anni fa era stato presentato un progetto di restyling da 24 milioni di euro da parte di un’azienda ( la Stemi Housing) che poi per problemi economici, dovette abbandonare l’impresa. Potrà rinascere ancora una volta il Popsy? c’è ancora posto per queste strutture così imponenti e costose ma soprattutto c’è ancora voglia di investire in questo settore? Difficile dirlo, per ora restano solo vecchi muri invasi dagli sterpi, un grande piazzale, che accoglieva centinaia di auto, e che ora neon si vede nemmeno più dalla strada, e ricordi che si allontanano sempre più.

Qualche anno fa il sito “Luoghi dell’abbandono” aveva pubblicato una serie di foto degli interni del locale, immagini scattate dopo l’incendio del 2008, quanto la disco era già chiusa da qualche anno. Si vedevano le porte che separavano i vari ambienti ridotte a brandelli, a terra cocci di vetro e pietra ovunque. E poi quel che restava degli impianti: cavi penzolanti, contatori bruciati, porzioni di mobili anneriti, tizzoni senza identità. E le postazioni dei dj ridotte a scheletri di palco, i cubi dove salivano a ballare i più scatenati trasformati in blocchi informi. Il nastro del guardaroba con gli appendini semicarbonizzati. Sul bancone del bar qualche bicchiere intatto, che ormai non conservava più le impronta delle labbra che si erano appoggiate per bere una bibita fresca, o l’ultimo drink alla moda.

Un grande monumento all’incuria e al tempo che passa, travolge e lascia impronte sbiadite.

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