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PAPOZZE

La rabbia e la tragedia: il Polesine che fu

Le persone hanno ascoltato le vicende de "La Boje" e "Lucia, Giacomo e il camion della morte"

La rabbia e la tragedia: il Polesine che fu

Una serata interessante e partecipata, quella che si è svolta il 19 gennaio, nel municipio di Papozze con Antonella Bertoli e le sue ultime due opere in prosa.

Nonostante il tempo inclemente, infatti, la sala consiliare era gremita e le persone hanno ascoltato con vivo interesse le vicende de "La Boje" e "Lucia, Giacomo e il camion della morte", introdotti dalla sapiente relazione di Luciana Passarella. A fare gli onori di casa l'assessore Chiara Mancin e a seguire Paolo Rigoni, presidente della della Biblioteca, che ha tracciato un breve ritratto di Bertoli, ricordando il suo curriculum professionale, politico oltre che di scrittrice e poetessa.

Luciana Passarella ha introdotto il libro de La Boje chiarendo che si tratta di un romanzo che parte da fatti e personaggi storicamente esistiti chiedendo all’autrice il significato de “La Boje” nel contesto socio-economico e letterale di quel tempo.

“Le ricerche effettuate in Archivio di Stato e le tesi storiche di Vittorio Tomasin e Pirani hanno collocato il primo sciopero del Regno d’Italia proprio a Pezzoli e ad Adria dato che l'espressione la boje sta a significare 'bolle, bolle tra poco trabocca' detto dell’acqua, ma transitato poi alla rabbia dei braccianti di fine '800, trattati come bestie, senza dignità e preda di miseria, pellagra e malattie endemiche. Questa rabbia che nel 1884 è sfociata nella rivolta contro il padronato agrario e si è estesa nel cavarzerano, veneziano, in Emilia e nel mantovano”.

Il libro di Bertoli è costruito ad episodi che narrano le vicende storiche intrecciate ad invenzioni letterarie, e pone l'accento sulle figure femminili che nei documenti consultati non sono mai menzionate. L'unica donna citata è l’Adele, proprietaria dell’osteria in cui si riunivano i braccianti, luogo tuttora esistente così come esiste ancora la sede della Società democratica di Pezzoli, ora sede del Circolo Arci 'El Deghejo'.

“Tratteggiando le figure de La Nana, la Mora Mammana, la Rosina, la Vecia Xenga - ha detto Bertoli - ho voluto descrivere come le donne siano state a loro volta protagoniste di una lotta che fu unitaria e generale, ma anche ridare dignità a un protagonismo disconosciuto dalla storia ufficiale. È evidente che quando si scrive un romanzo però- ha concluso Bertoli- occorre dare corpo e spessore ai personaggi per attirare la curiosità del lettore. Ho cercato comunque di rispettare la realtà storica e sociale”.

Luciana Passarella ha poi introdotto il libro che Bertoli ha scritto sulla sua famiglia e sulle vicende che hanno portato lo zio Giacomo Conti a morire sul cosiddetto 'camion della morte '. Le fonti su cui si basa il libro sono tratte dall'Archivio storico della Provincia di Rovigo, dall'Archivio di Stato e dall'Archivio del comune di Tortorici, il comune siciliano natìo di Giacomo, dove Bertoli ha trovato le notizie riportate sul libro che ricostruisce la verità sui tragici fatti del 14 novembre 1951:

“Era doveroso da parte mia - ha concluso l’autrice- smentire le false voci di una ricostruzione pressapochista e fallace avvenuta sui giornali e sui molti testi scritti all’indomani dell’alluvione sul ruolo che i miei famigliari hanno avuto in quel disastro. Mio zio, dipendente della Provincia, si era recato volontariamente in Piazza Garibaldi ed era partito per portare soccorso alla gente in pericolo nella zone della Fossa di Polesella e Frassinelle e come tale gli è stato riconosciuto un encomio dalla Provincia e alla sua vedova è stata riconosciuta la pensione. La sua salma fu una delle ultime ritrovate con le braccia in alto a sollevare una bimba. È sepolto a Villadose, non a Frassinelle, né a Tortorici come riportano le varie cronache e testi. Fu un eroe ed è tempo che la gente se lo ricordi e lo consideri tale”.

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