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Taglio di Po

Dina, cent’anni di nostalgia

“Vi racconto il mio secolo pieno di storie e ricordi. Com’era bello vivere nel nostro Delta”

Dina, cent’anni di nostalgia

Dina Zanellato Finotello ha compiuto 100 anni. E’ nata il 22 gennaio 1923 a Porto Tolle. Ha vissuto 35 anni nel Delta, 15 a Ca’ Venier e 20 a Taglio di Po. Nel 1958 Dina è emigrata con la sua famiglia, il marito Milone e le figlie Teresa e Nadia, in Piemonte, dove vive da 65 anni. Domenica 22 gennaio ha festeggiato il secolo nella sua casa di Oleggio, provincia di Novara, nel Parco del Ticino, a dieci chilometri dall’aeroporto di Malpensa. C’erano tutti. Figli, nipoti e pronipoti. Un raduno, una bellissima cornice familiare, piena di allegria.

Ma la più contenta, la più allegra sembra lei, la super nonna Dina. Lucidissima, ricordi nitidi, racconta divertita al telefono la sua gioia. “Avete visto? Sono ancora qui, a cento anni. Signur, quanta strada. Sì, ci sono arrivata volentieri. Oddio, adesso ho qualche piccolo dolorino. L’altro giorno avevo un ginocchio che mi faceva un po’ male. Cosa vuoi, sarà colpa di tutto il lavoro in campagna. E poi, sì, anche la memoria. Eh, non è più quella di quando avevo ottant’anni. Non ricordo tutto tutto, però se mi concentro riesco a mettere insieme le tante cose che sono successe nella mia vita”.

Ricorda, eccome se ricorda. La sua gioventù, la famiglia numerosa, le amiche e i balli sull’aia, i momenti più belli e i più difficili, il lavoro nei campi, la Seconda guerra mondiale. Ricorda con voce squillante e con tanta nostalgia la sua infanzia a Porto Tolle. “Son nata a Ca’ Venier, in una casa attaccata al Po. Era una fattoria, c’era un grande fienile, una grande stalla, con tante bestie. Mia mamma Terzina era vedova di guerra con due figli. Suo marito era morto al fronte, sui monti. Mio padre Cide era vedovo con cinque bambini, sua moglie era morta per un incidente in campagna. E allora si sono sposati, hanno unito le loro disgrazie e le loro famiglie e nel 1923 sono nata io e siamo diventati in dieci”.

Tutti a lavorare la terra? “Sì sì, eravamo mezzadri. In stalla, nei campi a raccogliere il frumento e il granoturco. E noi bambini ad aiutare, a ‘sciarzare’, come si dice?, a diradare le barbabietole, una per una. Sai, lavoravamo tutti, anche i ragazzi, anche i bambini. Tutte braccia per il padrone. Eravamo mezzadri e cambiavamo le case, i fienili. I nomi non li ricordo tutti. C’era Corte Margherita, poi Fienile da Ferro, poi El Fnilon, che era grande, mamma mia se era grande, con tante bestie e con i cavalli. Lavoravamo anche noi bambini, a dieci anni avevamo già i calli alle mani”.

E a scuola, signora Dina? “Ah, poca. Seconda, terza elementare. I padroni dicevano che a noi la scuola non serviva, che per il lavoro che si doveva fare avevamo studiato già troppo”. Dina fa una lunga pausa, quasi commossa, e poi riprende: “Ma eravamo pieni di vita e di speranze. Nel 1938, quando avevo 15 anni, ci siamo trasferiti a Taglio di Po. Con i miei genitori, mio fratello Ennio con sua moglie Albina e i loro due bambini, Anna e Alessandro. Lì, dopo pochi mesi è nata la mia nipotina Teresa, che adesso ha 84 anni. La chiamo spesso, come tutti i miei nipoti. Teresa vive a Ca’ Zuliani e le dico: “Come stai, bambina?”. E lei ride”.

Il periodo tagliolese. “Sono rimasta vent’anni nella piccola casetta, bassa, con il granaio, la vite, il pozzo, il canalone vicino. Belli all’inizio, poi è scoppiata la seconda guerra. Eravamo mezzadri anche lì, ma avevamo qualcosina di nostro. Un po’ di terra, il maiale, pollame, conigli, anatre, il forno per fare il pane in casa, la mucca che faceva due secchi di latte al giorno, una mussa, un’asina che poi mio padre ha venduto per mille lire. Eravamo poveri, ma non abbiamo mai fatto la fame. Pensa, avevamo, in tempo di guerra, anche lo zucchero”.

Un’altra pausa, poi riprende il filo: “Mio fratello Ennio lavorava nel grande zuccherificio di Porto Tolle, la fabbrica era occupata dai tedeschi e dalle guardie fasciste, ma lui riusciva a portar via un po’ di zucchero, che noi barattavamo con i vicini in cambio di olio o caffè. La mamma gli aveva cucito una doppia fodera nella giacca, lui lo spalmava, i soldati lo perquisivano, ma non si sono mai accorti. Ennio era mingherlino, ma aveva un coraggio da leone. Tutti i giorni andava a lavorare in bicicletta da Taglio di Po a Porto Tolle, faceva la strada dell’argine con il vento, la pioggia, il fango d’inverno e un sole da morire d’estate. Quasi trenta chilometri, andata e ritorno, con una bicicletta pesante e i copertoni consumati. Ogni tanto forava e si doveva fermare a riparare col mastice la camera d’aria. Che vita, quanta fatica”.

Dina è un pozzo di ricordi. “Poi nel 1945 mi sono sposata con Milone, sono nate Teresa e Nadia, abbiamo lavorato altri anni in campagna e nel 1958 siamo venuti in Piemonte, a Marano Ticino. Abbiamo fatto i mezzadri brevissimo tempo, poi abbiamo trovato lavoro come custodi in un condominio di Oleggio. Io sono rimasta in portineria e mio marito è andato a lavorare in una fabbrica di tessuti a Busto Arsizio. Abbiamo faticato, le nostre figlie sono cresciute, si sono sposate e sistemate bene, sono arrivati i nipoti e i pronipoti. Milone se n’è andato nel 1986, io sono ancora qui e ringrazio Dio per tutto quello che avuto”.

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