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“Quando gli altri eravamo noi”

Una ricerca appassionante e che fa riflettere

“Quando gli altri eravamo noi”

Non sono stati sufficienti i posti a sedere della sala della Pro loco, e le sedie aggiunte, per evitare che molte persone rimanessero in piedi per assistere alla presentazione del libro di Guglielmo Brusco “Quando gli altri eravamo noi”, ricerca storica che ha fatto emergere l’aspetto sociale, la visione d’insieme della migrazione altopolesana verso la Romania, che fino a qualche anno fa era ritenuta vicenda isolata di qualche famiglia.

Tra i presenti il sindaco di Trecenta Antonio Laruccia, la Bibliotecaria del Comune di Giacciano con Baruchella e Luca Bellotti.

Nelle relazioni di Luigi Contegiacomo, già direttore dell’Archivio di Stato, e di Mauro Fioratti Spallacci, autore del libro “La colonia Italo-Romena di Aprilia”, si sono approfonditi gli aspetti del fenomeno migratorio di oltre 70 nuclei familiari (tra questi: Andreasi, Barotti, Battaiola, Brancaleoni, Brighenti, Campo, Colognesi, D’Accordi, Danesi, Fioratti, Finatti, Gazzi, Rosina, Savioli, Tedeschi) di Trecenta, Salara, Ceneselli, Giacciano con Baruchella, Bagnolo di Po, Badia, Canda ed altri paesi limitrofi, avvenuto alla fine del 1870 verso la Romania, allora vista come l’America.

In realtà, come scrisse il senatore Nicola Badaloni nel 1878 “700 figli di Trecenta lasciarono il Paese verso la Valacchia non in cerca di fortuna, ma in cerca di pane”.

In quegli anni in Romania, costituita nel gennaio 1859 dall’unione dei Principati di Moldavia e di Valacchia, vi era carenza di manodopera, mentre in Polesine vi era “la miseria, l’abbondanza delle braccia in confronto alla domanda di lavoro e il succedersi di annate scarse di raccolti” come si legge in una indagine ministeriale del tempo sul fenomeno della migrazione.

Nel 1879 fu sottoscritto un accordo tra Dimitrie Anghel, medico laureatosi a Padova, primario dell’ospedale a Jassy e possidente terriero in Cornesti (Moldavia) e Angelo Grecchi, di Ceneselli.

Lo scopo principale era la coltivazione del riso in Romania. Considerato che la coltivazione di riso non diede i risultati sperati a causa del clima troppo rigido di Cornesti, i nuclei familiari italiani si spostarono verso sud, a Cataloi, zona nella quale il governo rumeno affidava agli stranieri poderi da coltivare.

A Cataloi gli italiani si distinsero per laboriosità, tanto che, oltre ai terreni dati loro in concessione dal governo, si dedicarono anche alla coltivazione di altri terreni presi in affitto da contadini rumeni (nel 1879, con l’avvio della immigrazione, la Romania vietò la proprietà agli stranieri).

Con l’aumentare della disponibilità della manodopera romena, i rinnovi dei contratti di affitto dei terreni portarono ad un progressivo peggioramento delle condizioni degli immigrati Italiani, tanto che nel 1939 e 1940 rientrano quasi tutti nel Paese d’origine. Tra questi, la maggior parte si diresse ad Aprilia.

Alle relazioni è seguita la proiezione di alcuni video effettuati sulla attuale Strada degli Italiani e nel Cimitero degli Italiani di Cataloi, realizzati da Carlo Barotti nel 2015.

A ciò hanno fatto seguito diversi interventi. Tra questi, quello del sindaco di Trecenta che, tra altri argomenti, ha ripreso l’idea di un gemellaggio tra Aprilia e Trecenta, lanciata nella sua relazione da Mauro Fioratti Spallacci, amministratore del comune di Aprilia.

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