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IL CASO RIGOPIANO

Provolo: “L'indagine mi ha distrutto”

“Nessuno mi aveva informato della situazione. E chi non ha creduto all’allarme è stato punito”

Provolo: “L'indagine mi ha distrutto”

“Rigopiano mi ha distrutto. In questa storia ho perso sei anni di vita e quattro di carriera”. L’ex prefetto di Rovigo Francesco Provolo, incassata l’assoluzione dal tribunale di Pescara in quanto “il fatto non sussiste” e “per non aver commesso il fatto”, si sfoga in una lunga intervista al quotidiano La Repubblica. Per lui, la procura aveva chiesto una condanna a 12 anni.

La prefettura entrò in quella vicenda perché i funzionari che risposero al telefono in quella tragica giornata del gennaio 2017 non credettero a chi stava dando l’allarme. “Chi ha risposto ‘La mamma dei cretini è sempre incinta’ alla prima telefonata dall’albergo - dice Provolo - è stato punito: 15 giorni senza stipendio. Ma quella donna ha parlato così perché non sapeva che cosa era successo all’hotel Rigopiano. Io avevo convocato un comitato dell’ordine pubblico la mattina del 18 gennaio, ma nessuno mi aveva informato della situazione a 1.200 metri. E questo processo lo ha riconosciuto”.

Certo - ammette Provolo - “ci sono stati errori e omissioni. Il piano di Protezione civile nel Comune di Farindola non è mai esistito e così non si è potuto chiudere un albergo oggettivamente a rischio”. Ma, aggiunge: “L’anno prima ci fu una nevicata di eguali dimensioni, la stessa strada era impraticabile, l’allerta fu diramato, ma i clienti se ne fregarono. Volevano raggiungere a tutti i costi quel resort”.

Per Provolo, comunque, “il processo ha individuato il cuore della questione” ovvero “la mancata pulizia dei nove chilometri di tornanti che portano all’hotel”. E “su quelle basi ha condannato gli uomini della Provincia di Pescara”. Tranne il presidente. “Non so dire se lui sapesse quale fosse la situazione dei mezzi sotto la responsabilità della Provincia - dice ancora Provolo - ma dentro gli enti pubblici i funzionari fanno e disfano, comunicano solo quello che vogliono ed esercitano pure una funzione politica”.

Il problema, era quello di una turbina fuori uso. “Il processo - dice ancora Provolo - ha dimostrato in maniera inoppugnabile che quel segreto era custodito da tre dirigenti della Provincia. Solo loro sapevano che la strada per Rigopiano non sarebbe stata mai pulita. Avrei dovuto conoscere le cose prima, avrei battuto i pugni sul tavolo già dalla mattina di quel mercoledì. E nessuno ha chiesto una turbina all’Anas fino a tragedia avvenuta. E questo è agli atti”.

Mentre a Matteo Salvini, che in un tweet dopo la sentenza ha scritto “29 morti nessun colpevole”, replica il legale di Provolo, Giandomenico Caiazza. “Le parole sono pietre, ma quelle di un uomo pubblico, autorevole ministro della Repubblica, sono macigni: se un ministro parla e ragiona così, pensa tanta gente, è così che è legittimo parlare e ragionare. Tralascio di considerare il fatto che lei, di questo processo, non sappia nulla. Non perché non sarebbe di per sé decisivo, ma perché è ormai diventata una regola, alla quale dobbiamo evidentemente rassegnarci: dei processi si parla senza averne letto una sola pagina. Questa sì che è una vergogna, ma che dire? Pazienza, ormai la cosa funziona così”.

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