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LA STORIA

"Anche sotto le bombe, noi torniamo da papà"

La mamma coraggio racconta: “Cerchiamo la normalità, ma i piccoli sono spaventati dalle esplosioni”

Alex riabbraccia i suoi bimbi al fronte

“Amore tra le palazzine a fuoco/la tua voce riconosco/noi non siamo come loro”. Così canta Tananai in “Tango”, una canzone che parla di un amore tra le bombe in Ucraina. E’ la storia terribilmente vera, purtroppo non immaginata, di Lily e dei figli Zlata e Zachar di 9 e 5 anni, rifugiati a Rovigo per sei sofferti mesi. Trascorsi i quali non ce l’hanno fatta più e hanno deciso di tornare a Kiev coprendo 2mila chilometri con la loro auto, per riabbracciare il papà Alex, che sta ancora combattendo per difendere l’Ucraina dagli attacchi russi.

Lily è stata accolta a Rovigo per sei mesi dopo lo scoppio della guerra. Con la mamma e i bambini e la sua Bmw è arrivata nella casa sistemata da Bandiera Gialla a Fenil del Turco. I piccoli per un periodo sono stati inseriti nelle scuole di Rovigo. Uno sforzo per loro, strappati alla loro vita e ai loro affetti più grandi, una rivoluzione per la scuola che ancora una volta è stata “mamma”, una fatica che tutti abbiamo osservato e che in alcuni casi è diventata “normalità” anche a Rovigo.

Ma per Lily quella normalità da rifugiata era insostenibile: Zlata piangeva ogni giorno prima di entrare in classe, non sorrideva mai, non parlava nemmeno l’inglese che aveva imparato con gli altri bambini, voleva il suo papà che aveva lasciato il suo lavoro da bancario per imbracciare le armi. “Lo scorso anno sembrava che la situazione fosse più tranquilla, credevamo - racconta da Kiev Lily - speravamo che la guerra sarebbe finita di lì a poco, gli attacchi erano diminuiti e sebbene la condizione a Rovigo fosse più sicura per noi, c’era mio marito in guerra, mia nonna sola che piangeva ogni giorno a 85 anni, non potevamo lasciarli soli e siamo tornati indietro”.

Duemila chilometri da Rovigo a Kiev, passando da Vienna e dalla Slovacchia. Il paesaggio, superato il confine, è stato un colpo al cuore per la 39enne, bancaria anche lei, e per i suoi bambini: distruzione dappertutto, i segni delle bombe sulle case e un incubo che ancora oggi continua. “Nel migliore dei casi continuiamo a sentire le sirene, spesso e volentieri siamo costretti a stare per due ore sotto terra seduti, situazione molto difficile per un bambino, ma cerchiamo di vivere al massimo la normalità di festeggiare qualche compleanno, ma è dura - non nasconde questa mamma coraggio - a ottobre Kiev è stata sotto un attacco massiccio, abbiamo subìto 100 bombe in un giorno. Zachar, il più piccolo dei due, ha raccolto tutti i suoi giocattoli, li ha messi dentro a uno zaino e ha detto ‘torniamo in Italia, mamma’”.

Il sogno di Alex, Lily, Zlata e Zachar è tornare in Italia, ma insieme e in pace, non come rifugiati né separati. “Alex torna due volte al mese a casa e in quei giorni dormiamo tutti e quattro nello stesso letto. Ci piacerebbe tornare in Italia e percorrerla tutta in viaggio”. Per ora una guerra assurda blocca tutti i loro sogni. Finirà? “Forse solo se il popolo russo, la gente comune, catturerà Putin e lo arresterà, solo così questo odio tra due popoli finirà, in questo momento ci stiamo odiando e mi rendo conto che è assurdo”... e non è mai lunedì.

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