VOCE
VENETO
17.03.2025 - 16:34
Quando tradizione e tecnologia si incontrano, i risultati possono essere sorprendenti. È una lezione che molti hanno dovuto apprendere nelle prime ore di oggi, quando il portale per prenotare le visite al celebre veliero Amerigo Vespucci ha subito un inevitabile sovraccarico, lasciando numerosi utenti senza la possibilità di accedere al servizio. Dopo un'epica traversata di 20 mesi intorno al globo, la nave scuola della Marina Militare Italiana si prepara a stregare ancora una volta i visitatori veneziani.
L'Amerigo Vespucci è per antonomasia il simbolo di eleganza e tradizione navale italiane e si prepara ad attraccare a Venezia, una delle 17 tappe previste nel suo itinerario nel Mediterraneo. Questo suggestivo viaggio, culminante a Genova il 10 giugno in occasione delle celebrazioni dedicate alla Marina Militare, è un invito a scoprire uno dei velieri più incantevoli al mondo e a riflettere sull'importanza storica della navigazione. La maestosa nave sarà ammirabile in Riva San Biasio dal 27 al 31 marzo, con sessioni di visita aperte al pubblico dal 28 al 30 marzo.
Ma cosa rende l'Amerigo Vespucci così affascinante? Il suo design classico o la storia costellata di straordinarie avventure e scoperte. Qualunque sia la ragione, questo veliero rappresenta un ponte diretto al passato, a un'epoca in cui la navigazione era al contempo un'arte e un'avventura. Le visite a bordo sono un'opportunità unica per penetrare in questo mondo, esplorando i ponti e le vele che hanno solcato mari lontani. Tuttavia, l'entusiasmo per l'arrivo del Vespucci è stato momentaneamente oscurato da problemi tecnici: il sito web www.tourvespucci.it, progettato per le prenotazioni, è stato sopraffatto dalle richieste, rendendosi inaccessibile per diverse ore.
È chiaro che tutti vogliono contemplare questo leggendario veliero. La genesi dell'Amerigo Vespucci risale al 1925, quando si decise di costruirlo per sostituire l'omonima nave scuola della classe Flavio Gioia. Era un'era di transizione dove la tecnologia muoveva i primi passi e il pirofregata ormai vicino alla radiazione fu dismesso nel 1928 e ormeggiato al porto di Venezia, destinato a diventare un asilo infantile per orfani di marinai.
Il progetto della nave, realizzato parallelamente al veliero gemello Cristoforo Colombo, appartenente alla medesima dinastia anche se di dimensioni più modeste, risale al 1930. Esso fu ideato dall'ingegnere foggiano Francesco Rotundi, tenente colonnello del Genio navale e direttore dei cantieri navali di Castellammare di Stabia. L'ingegnoso progetto rispecchiava il design del veliero Monarca, l'ammiraglia della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, poi conosciuta come Re Galantuomo dopo l'unione con la Marina piemontese conseguente all'annessione del Regno delle Due Sicilie. I disegni originali dell'ingegnere navale napoletano Sabatelli, necessari per costruire simili navi, erano accuratamente conservati a Castellammare di Stabia.
L'Amerigo Vespucci fu varata il 22 febbraio 1931 e salpò, completamente allestita, il 2 luglio, con destinazione Genova. Qui ricevette la bandiera di combattimento il 15 ottobre 1931 dalle mani di Augusto Radicati di Marmorito, suo primo comandante. Il suo ruolo era di affiancare il Cristoforo Colombo nelle missioni addestrative, rimanendo parte integrante della Divisione Navi Scuola assieme alla Colombo e un'altra unità minore, con frequenti crociere nel Mediterraneo e oltre.
Anche durante la seconda guerra mondiale, il Vespucci continuò la sua attività addestrativa, con l'eccezione del 1940. Dopo la guerra, i trattati internazionali richiesero la cessione del Cristoforo Colombo all'Urss come indennizzo bellico, lasciando il Vespucci come l'unica nave scuola a vela italiana fino all'arrivo dell'Ebe nel 1952 e posteriormente del palinuro nel 1955.
Oggi, l'Amerigo Vespucci non solo rappresenta la più anziana nave della Marina Militare ancora operativa, ma è anche custode dei valori di formazione e perseveranza, magnificamente espressi nel motto ufficiale dal 1978: «Non chi comincia ma quel che persevera».
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