VOCE
CRONACA
23.10.2025 - 19:00
Dal 2026 cambiano le regole per le supplenze brevi nelle scuole italiane. La Manovra appena bollinata dalla Ragioneria di Stato introduce una stretta importante: nelle scuole medie e superiori, per le assenze inferiori ai dieci giorni, non si potranno più chiamare supplenti esterni.
A sostituire i docenti assenti dovranno essere gli insegnanti già in servizio nella stessa scuola, garantendo così la continuità delle lezioni senza ricorrere a personale esterno. L’obiettivo dichiarato del governo è ridurre la spesa pubblica per le supplenze brevi e ottimizzare l’organico già presente, ma la misura segna anche un cambio strutturale rispetto alla legge 107 del 2015, la cosiddetta “Buona Scuola” voluta dal governo Renzi.
Finora, la norma prevedeva che il dirigente scolastico potesse — ma non fosse obbligato a — utilizzare personale interno per coprire le brevi assenze. Con la nuova formulazione, quel “può” diventa “deve”: il dirigente è tenuto a ricorrere ai docenti interni, “salvo motivate esigenze di natura didattica”. La regola riguarderà i posti comuni delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Per i docenti di sostegno e per la scuola primaria, invece, resterà la possibilità di decidere caso per caso se impiegare personale interno o convocare un supplente esterno.
La legge di Bilancio introduce anche un sistema di monitoraggio quadrimestrale delle assenze del personale scolastico — insegnanti, amministrativi, tecnici e ausiliari — per analizzare dati relativi alla durata delle sostituzioni e alla spesa generata. Le informazioni saranno inviate periodicamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, con l’obiettivo di contenere i costi e reinvestire parte dei risparmi nel Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, fino a un massimo del 10% del suo valore complessivo.
Dietro questa misura si intravedono però criticità operative: dirigenti e docenti dovranno riorganizzare orari, carichi di lavoro e supplenze interne in scuole già provate dalla carenza di personale. Una riforma che, se da un lato promette efficienza, dall’altro rischia di mettere a dura prova l’equilibrio quotidiano delle aule.
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