VOCE
CRONACA
25.10.2025 - 10:03
Un paziente svedese di 42 anni è il primo al mondo a essere stato liberato in parte dall’insulina grazie a un trapianto di cellule pancreatiche geneticamente modificate per sfuggire agli attacchi del sistema immunitario. È un passo storico nella ricerca sul diabete di tipo 1, che da decenni insegue l’obiettivo di eliminare la dipendenza quotidiana dalle iniezioni di insulina.
Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine e condotto dal team di Per-Ola Carlsson dell’Università di Uppsala, segna una svolta decisiva: per la prima volta, le cellule trapiantate sopravvivono e producono insulina senza l’uso di farmaci immunosoppressori, che finora erano indispensabili ma molto rischiosi.
Le cellule, ottenute da un donatore e modificate con la tecnologia CRISPR-Cas9, sono state “ripulite” geneticamente per nascondere le proteine che normalmente segnalano la loro presenza al sistema immunitario, e potenziate con geni che le rendono più resistenti all’attacco delle cellule difensive. Circa 80 milioni di cellule sono state iniettate nel muscolo dell’avambraccio, dove — a differenza del fegato, sede tradizionale dei trapianti — possono essere monitorate più facilmente.
Dopo dodici settimane, i ricercatori hanno osservato che le cellule erano vive, attive e funzionanti. Il paziente ha iniziato a produrre una piccola ma costante quantità di insulina naturale, sufficiente a coprire circa il 7% del fabbisogno totale. Un risultato ancora parziale, ma senza precedenti nella storia della medicina rigenerativa.
Per Carlsson, «questo è il momento più entusiasmante della mia carriera scientifica. È la prova che possiamo pensare a terapie cellulari senza immunosoppressione anche per altre malattie autoimmuni».
La scoperta ha acceso il dibattito nella comunità scientifica: se confermata su larga scala, potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti per diabete, sclerosi multipla, artrite reumatoide e morbo di Crohn, patologie oggi trattate solo con farmaci che indeboliscono le difese immunitarie.
In un mondo in cui oltre 500 milioni di persone convivono con il diabete, di cui 4 milioni in Italia, la prospettiva di un corpo che torna a produrre insulina da solo rappresenta molto più di un progresso clinico: è una speranza concreta di libertà per milioni di pazienti e una nuova frontiera per la medicina del futuro.
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