VOCE
CRONACA
25.10.2025 - 07:00
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per molestie nei confronti di un uomo che, per circa due settimane, tra il 13 e il 31 dicembre 2022, aveva contattato ripetutamente la sua ex compagna nel tentativo di riconquistare la relazione.
Secondo quanto ricostruito, l’uomo aveva inviato numerosi messaggi e telefonate alla donna, senza però usare toni offensivi o minacciosi. Tuttavia, per i giudici, il suo comportamento è stato «pressante, insistente e inopportuno», tale da rappresentare una violazione della libertà personale della vittima.
La Cassazione ha sottolineato che la molestia «si realizza nel momento stesso in cui viene avvertita dalla persona offesa», anche in assenza di conseguenze psicologiche o di effetti duraturi. In altre parole, non sono necessari insulti, minacce o gesti violenti: basta un contatto continuo e non gradito, specialmente se ripetuto nel tempo e tramite telefono.
La difesa dell’imputato aveva cercato di minimizzare la vicenda, sostenendo che le chiamate erano durate solo due settimane e che la donna non aveva mai bloccato il numero. Ma i giudici hanno respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando la condanna già pronunciata dal tribunale di Vibo Valentia.
La Corte ha infine precisato la differenza tra molestia e stalking: il reato previsto dall’articolo 660 del Codice penale si riferisce a comportamenti insistenti e sgraditi, mentre lo stalking (articolo 612 bis) riguarda azioni che generano paura per l’incolumità o costringono la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.
Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce che la libertà di una persona include anche il diritto a non essere disturbata, e che la perseveranza molesta, anche senza minacce, è già reato.
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