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CRONACA

Auto europee a rischio stop

La Cina chiude i rubinetti dei chip

Auto europee a rischio stop

La carenza di microchip rischia di fermare la produzione di automobili in Europa già nei prossimi giorni. A lanciare l’allarme è l’Acea, l’associazione europea dei costruttori di automobili, che in una nota parla di «situazione sempre più critica» per l’intera filiera.
«Le scorte si stanno rapidamente esaurendo — avverte l’associazione — e alcune case automobilistiche prevedono un imminente arresto delle linee di assemblaggio».

La scintilla: il caso Nexperia e la reazione della Cina

La crisi è esplosa dopo la decisione del governo olandese, lo scorso 13 ottobre, di assumere il controllo di Nexperia, azienda di semiconduttori di proprietà cinese con sede a Nimega, motivando la mossa con «ragioni di sicurezza nazionale».
Pechino ha reagito bloccando l’export verso l’Europa di alcuni chip fondamentali per le centraline elettroniche dei veicoli, elettrici e non. Il risultato è stato un immediato irrigidimento del mercato: prezzi alle stelle e forniture in picchiata, con i costruttori costretti ad attingere alle ultime riserve disponibili.

Le richieste dell’industria

«Sebbene esistano fornitori alternativi», spiega Acea, «serviranno mesi per sviluppare capacità produttiva sufficiente a compensare la mancanza di chip cinesi». Da qui la richiesta di un intervento diplomatico rapido alla Commissione europea, affinché riapra il dialogo con la Cina e scongiuri il blocco totale delle linee produttive.

Un settore già sotto pressione

Il rischio di uno stop generalizzato arriva in un momento delicatissimo per l’industria automobilistica europea, stretta tra dazi americani, norme ambientali più rigide e concorrenza dei produttori cinesi.
«Questa crisi dei chip dimostra quanto il nostro sistema sia fragile», ha dichiarato Oliver Blume, amministratore delegato di Volkswagen. «Non si tratta di componenti sofisticati, ma di chip semplici, usati in quasi tutti i veicoli».

L’Europa e la corsa all’autonomia tecnologica

L’unica via d’uscita strutturale, secondo gli esperti, resta quella di rafforzare la produzione interna di semiconduttori, come previsto dal “Chips Act” europeo approvato nel 2023. Ma il percorso è lungo: gli impianti europei restano pochi e lontani dall’autosufficienza.
Nel frattempo, senza un accordo diplomatico con Pechino, le catene di montaggio rischiano di spegnersi già entro l’inizio di novembre.

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