VOCE
CRONACA
22.11.2025 - 20:00
Dal prossimo gennaio almeno un pronto soccorso su quattro entrerà nel 2026 con l’organico medico dimezzato. È la fotografia, allarmante, scattata dalla SIMEU, la Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza, che ha raccolto dati da cinquanta strutture in tutta Italia: solo il 12% del totale, ma un campione enorme in termini di volume, pari a 2,3 milioni di accessi l’anno.
Secondo l’analisi:
26% dei pronto soccorsi avrà meno della metà dei medici necessari;
39% lavorerà con una copertura tra 50% e 75%;
solo il 31% supererà la soglia del 75%;
la copertura piena (100%) è praticamente inesistente.
Si tratta di livelli che non consentono di garantire sicurezza, qualità delle cure e turni sostenibili.
“La carenza colpisce soprattutto le strutture più periferiche, ma è un problema enorme per tutti i cittadini”, avverte il presidente nazionale SIMEU, Alessandro Riccardi.
Per rimanere aperti, molti pronto soccorsi fanno ricorso alle prestazioni aggiuntive dei pochi medici in servizio: un carico insostenibile su professionisti già esausti.
Uno dei fattori più critici è la fine dei contratti dei medici liberi professionisti “a gettone” e dei contratti emergenziali attivati durante la pandemia.
Anche se la situazione è leggermente migliore rispetto agli anni più bui, la crisi resta strutturale:
i giovani evitano la medicina d’urgenza;
chi resta affronta condizioni di lavoro durissime.
Senza interventi concreti, gli ospedali continueranno ad affidarsi a:
prestazioni aggiuntive,
reclutamento esterno,
forme contrattuali temporanee.
Misure che permettono di “tamponare”, ma non di risolvere.
SIMEU denuncia una realtà sotto gli occhi di tutti, tranne che – denuncia la nota – di un governo che preferisce parlare di “cifre da record per la sanità” senza affrontare la complessità del problema.
In un Paese normale, una carenza così grave nei pronto soccorsi sarebbe un tema da allarme nazionale. In Italia, oggi, rischia di diventare solo una notizia tra le altre.
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