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CRONACA

Quando la maternità pesa davvero

Lo studio Unipd: il “pentimento” è raro, ma incide sulle scelte future

Quando la maternità pesa davvero

Non tutte le madri vivono la maternità come un percorso appagante. Alcune, pur volendo bene ai propri figli, riconoscono a posteriori che l’esperienza ha comportato sacrifici così profondi da desiderare, almeno in astratto, di non aver intrapreso quel cammino. È il fenomeno del motherhood regret, al centro dell’indagine Forties, progetto finanziato dal Pnrr e condotto da un team delle Università di Padova, Bologna e Milano-Bicocca, coordinato dalla demografa Alessandra Minello.

Il pentimento esiste, ma non è comune

Lo studio, basato su un campione di 3.100 madri italiane, evidenzia che il pentimento della maternità non è diffuso, ma quando emerge ha conseguenze importanti. Le madri che provano questo sentimento mostrano una minore intenzione di avere un secondo figlio nei tre anni successivi:

  • –1 punto (su una scala 0–10) tra le donne di 20–34 anni;

  • –0,52 punti tra quelle di 35–45 anni.

Minello ricorda che il fenomeno, reso noto dagli studi della sociologa israeliana Orna Donath, resta ancora un tabù. “In Italia mancavano analisi quantitative su come questo sentimento influenzi le decisioni riproduttive”, spiega la ricercatrice.

Il ruolo delle visioni di genere

A influenzare il legame tra pentimento e scelte future non è solo l’età, ma anche la visione della maternità e dei ruoli familiari:

  • tra le madri con una visione egualitaria, il pentimento è più fortemente associato a un calo delle intenzioni di fecondità;

  • tra le madri con un’impostazione più tradizionale, la volontà di avere altri figli resta più stabile.

Secondo il team Forties, la figura della “madre sempre felice e realizzata” oscura la complessità dell’esperienza materna e rende difficile riconoscere il peso emotivo, identitario e organizzativo della cura.

Un tema che parla al futuro demografico del Paese

La ricerca suggerisce che affrontare apertamente questi vissuti non significa mettere in discussione la genitorialità, ma comprendere meglio le condizioni sociali ed economiche che rendono la maternità più difficile.

“In un Paese come l’Italia, con una fecondità tra le più basse d’Europa – osserva Minello – il benessere e l’autodeterminazione delle madri incidono direttamente sulle scelte riproduttive e sul futuro demografico”.

Una tavola rotonda per aprire il dibattito

I risultati sono stati discussi a Padova, durante la tavola rotonda “Maternità senza ferite” ospitata a Palazzo Bo. L’incontro ha analizzato le molte criticità che oggi plasmano maternità e natalità in Italia:

  • la violenza ostetrica e i traumi del parto;

  • i percorsi complessi della procreazione medicalmente assistita;

  • il carico mentale che grava soprattutto sulle donne;

  • il calo delle adozioni;

  • e, infine, l’esistenza del pentimento materno.

Alla discussione hanno partecipato, tra le altre, Sasha Damiani, Giovanna Marchetti, Alessandra Minello, Livia Elisa Ortensi e Alessandra Decataldo, coordinate dalla giornalista Micaela Faggiani.

L’obiettivo: restituire spazio e riconoscimento alla pluralità delle esperienze materne, liberandole da stereotipi e aspettative irrealistiche.

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