VOCE
CRONACA
25.11.2025 - 21:30
Tutti i Paesi dell’Unione europea devono riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati legalmente in un altro Stato membro. Lo stabilisce una sentenza della Corte di giustizia dell’UE, intervenuta dopo il caso di una coppia omosessuale cui era stata negata la registrazione del matrimonio nel Paese d’origine, dove l’unione egualitaria non è prevista.
Secondo la Corte, il rifiuto costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei cittadini europei e viola il loro diritto alla vita privata e familiare. Il principio è chiaro: ogni Stato deve riconoscere lo stato civile acquisito altrove ai fini dell’esercizio dei diritti europei, senza che ciò implichi un obbligo di introdurre il matrimonio egualitario nelle proprie leggi nazionali.
La decisione, pur tutelando la libertà di movimento, apre una contraddizione: gli Stati mantengono piena sovranità sulla disciplina del matrimonio, ma allo stesso tempo devono accettare gli effetti giuridici di un atto che non riconoscono internamente. Una tensione che, secondo alcune critiche, rischia di creare una “gerarchia indiretta” tra le legislazioni nazionali.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Esponenti dell’area conservatrice parlano di “forzatura inaccettabile” e di un intervento che invaderebbe una materia tradizionalmente affidata alle competenze statali. Associazioni contrarie alle unioni egualitarie denunciano invece un tentativo di imporre un modello di famiglia non condiviso da tutti i Paesi dell’Unione.
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