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CRONACA

Kshamenk, l’orca più sola al mondo è morta

La storia del cetaceo rinchiuso per 33 anni in una vasca di cemento

Kshamenk, l’orca più sola al mondo è morta

Catturato da cucciolo e rinchiuso per 33 anni in una vasca di cemento, Kshamenk è diventato il simbolo della cattività dei cetacei. L’orca maschio, conosciuta come “l’orca più sola del mondo”, è morta il 14 dicembre all’età di circa 36 anni nel parco tematico Mundo Marino, in Argentina. La sua storia resta una ferita aperta sul rapporto tra esseri umani e animali intelligenti e sociali.

Kshamenk era l’ultimo cetaceo in cattività in Argentina. La direzione del parco ha comunicato che la morte è avvenuta per arresto cardiorespiratorio, circondato da caregiver e veterinari. Secondo la struttura, le cause sarebbero compatibili con l’età avanzata, anche se è stata avviata un’analisi approfondita.

La sua vicenda inizia nel febbraio 1992, quando venne segnalato uno spiaggiamento nella Ría de Ajó. All’arrivo dei soccorritori fu trovata una sola giovane orca maschio, in condizioni critiche. I tentativi di reinserimento in mare fallirono e, con l’autorizzazione delle autorità, Kshamenk venne trasferito al parco per cure intensive. Aveva circa tre anni e non avrebbe mai più rivisto l’oceano.

Per un breve periodo condivise la vasca con un’altra orca, Belén, morta nel 2000 mentre era incinta. Da allora Kshamenk è rimasto solo, con la compagnia occasionale di un delfino tursiope. La vasca, larga appena 12 metri, è stata definita una delle più piccole al mondo per un’orca. Trascorreva lunghi periodi immobile sul fondo o nuotando in cerchio, senza stimoli e senza possibilità di esprimere comportamenti naturali.

La prigionia non si è limitata all’esposizione al pubblico. Nel 2010 addestratori di SeaWorld prelevarono il suo sperma per programmi di riproduzione in cattività. Kshamenk ebbe due figli: Makani, che vive a SeaWorld San Diego, e Kamea, morta quest’anno a SeaWorld San Antonio. Non ha mai incontrato i suoi piccoli.

Il team di Mundo Marino ha sempre difeso la detenzione, parlando di un forte legame con l’animale. Il veterinario capo Juan Pablo Loureiro ha dichiarato che “con Kshamenk se n’è andata una parte di ciascuno di noi”, sottolineando l’impegno costante per il suo benessere. Anche i caregiver lo hanno ricordato come un animale curioso e affettuoso, capace di cercare il contatto umano.

Parallelamente, la sua storia ha alimentato critiche e proteste internazionali. Attivisti e Ong hanno denunciato le condizioni di vita dell’orca e i segni di sofferenza fisica e psicologica. Da queste mobilitazioni è nata la Ley Kshamenk, un progetto di legge per vietare la cattività dei cetacei in Argentina, discusso in Parlamento nel 2023. Durante il dibattito, la giudice Elena Liberatori ha definito la cattività solitaria una forma di normalizzazione della prigionia e dello stress per animali altamente intelligenti e sociali.

Dopo altre orche simbolo come Tilikum, Kiska e Tokitae, anche Kshamenk entra nell’elenco delle vittime della cattività. È morto lontano dal mare in cui era nato, senza recuperare la libertà che gli era stata tolta. La sua storia continua a interrogare il presente e a pesare sul futuro dei cetacei ancora prigionieri.

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