L’influenza del 2025 sta entrando nella sua fase più intensa e il picco dei casi è atteso tra la fine dell’anno e i primi giorni del 2026. Secondo gli esperti non è possibile indicare una data precisa, ma l’andamento dei contagi suggerisce che il momento più critico sia ormai vicino. Intanto i numeri continuano a crescere: nei primi sette giorni di dicembre quasi 695 mila italiani sono stati colpiti da infezioni respiratorie acute, circa 100 mila in più rispetto alla settimana precedente, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità.
Dall’inizio della stagione influenzale, il sistema di sorveglianza RespiVirNet ha registrato circa 4 milioni di casi complessivi. A spingere l’aumento dei contagi sono soprattutto i virus influenzali di tipo A/H3N2, che rappresentano una quota sempre più rilevante delle infezioni. Proprio all’interno di questo gruppo si inserisce la cosiddetta variante K, un ceppo che ha attirato l’attenzione degli esperti per la sua rapida diffusione.
La variante K non è un nuovo virus, ma una mutazione del ceppo A/H3N2. Nei mesi scorsi si è diffusa rapidamente nell’emisfero Sud, contribuendo ad allungare la stagione influenzale in Paesi come Australia e Nuova Zelanda, dove i contagi sono rimasti elevati più a lungo del previsto. Gli studiosi hanno avvertito che, vista la velocità di diffusione e l’ampiezza dei focolai, è probabile che il ceppo K continui a circolare anche durante l’inverno nell’emisfero Nord, aumentando la pressione sui sistemi sanitari.
Gli esperti invitano però alla cautela. Come spiega Gianni Rezza, professore di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, non ci sono indicazioni che la variante K sia più aggressiva o provochi sintomi diversi rispetto ad altri virus influenzali stagionali. Il problema principale è un altro: negli ultimi anni l’H3N2 ha circolato poco, e questo significa che una parte ampia della popolazione, in particolare i bambini, è più suscettibile all’infezione. Un fattore che potrebbe tradursi in un numero più alto di casi e in una maggiore pressione sugli ospedali.
I dati italiani confermano questa tendenza. Nella settimana tra l’1 e il 7 dicembre, l’incidenza delle infezioni respiratorie acute è stata di 12,4 casi ogni 1.000 assistiti, con un impatto molto più forte tra i più piccoli: nei bambini sotto i 4 anni si sale a 38 casi su 1.000. Le regioni con il maggior numero di contagi risultano Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Sardegna.
Secondo Anna Teresa Palamara, direttrice del dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, l’aumento osservato è in linea con quanto atteso per questo periodo dell’anno. Sul momento del picco resta però l’incertezza: di solito si colloca tra la fine di dicembre e la fine di gennaio, e nelle prossime settimane è probabile che l’incidenza resti elevata.
In questo contesto, gli esperti ribadiscono l’importanza della prevenzione. La vaccinazione antinfluenzale resta uno strumento fondamentale, e c’è ancora tempo per effettuarla, visto che il virus continuerà a circolare per diverse settimane. A questo si affiancano igiene frequente delle mani, rispetto dell’etichetta respiratoria, come tossire in un fazzoletto o nell’incavo del braccio, ed evitare luoghi chiusi e affollati in presenza di sintomi. Misure semplici ma decisive per contenere la diffusione in una stagione che si preannuncia intensa.