VOCE
CRONACA
17.12.2025 - 18:00
Una forza multinazionale da schierare in Ucraina, un meccanismo di difesa simile all’articolo 5 della Nato e l’impegno a intervenire in caso di nuova aggressione russa. Le garanzie di sicurezza pensate per sostenere Kiev nel percorso verso la pace stanno prendendo forma, con il sostegno degli Stati Uniti e un ruolo centrale per l’Europa. I dettagli non sono ancora definitivi, ma il progetto segna un passaggio cruciale nella strategia occidentale.
L’idea prevede una forza di interposizione internazionale dispiegata sul territorio ucraino, accompagnata da un sistema di deterrenza credibile. Gli Stati Uniti non invieranno truppe sul campo, ma garantiranno un “backstop” militare: intelligence, supporto strategico e la disponibilità delle basi americane nell’Europa orientale, in particolare in Polonia. Da lì potrebbero partire missili Patriot, droni e jet da combattimento in caso di emergenza.
Il contingente iniziale ipotizzato conta circa 30 mila soldati, con compiti di sorveglianza e protezione delle infrastrutture strategiche. Il comando sarebbe affidato a Francia e Regno Unito, mentre diversi Paesi europei si sono detti pronti a contribuire. Finlandia, Danimarca e Norvegia hanno manifestato disponibilità, mentre la Germania resta prudente e la Spagna attende un accordo definitivo. Kiev ha citato anche Canada, Australia e Nuova Zelanda, che potrebbero fornire contributi in termini di logistica, intelligence o supporto militare.
L’Italia, come già annunciato, non invierà soldati in Ucraina, ma non esclude altre forme di partecipazione, come l’addestramento delle forze ucraine al di fuori dei confini nazionali. In cambio, Roma e altri alleati europei chiedono un impegno più netto e condiviso dell’Unione europea, consapevoli che su questa partita si gioca una parte rilevante della credibilità politica del continente.
Resta però il nodo principale: la posizione della Russia. Mosca non accetta lo schieramento di truppe appartenenti a Paesi Nato o alla cosiddetta Coalizione dei Volenterosi. Per questo è stato ipotizzato un piano B, che prevede un contingente sotto egida Onu. Anche questa opzione, tuttavia, è vista come una possibile carta negoziale da usare nel dialogo tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin.
L’obiettivo dichiarato è evitare una nuova invasione russa attraverso una deterrenza chiara e tangibile. È qui che entra in gioco il meccanismo simile all’articolo 5 della Nato: un impegno giuridicamente vincolante ad agire in caso di attacco armato, con misure che possono includere l’uso della forza militare, oltre a intelligence, logistica, sanzioni economiche e azioni diplomatiche. Francia e Regno Unito guidano questo fronte, seguiti dai Paesi baltici e nordici.
Gli Stati Uniti hanno fatto sapere, anche tramite il premier polacco Donald Tusk, di essere pronti a intervenire militarmente se l’intesa con Mosca venisse violata. Ma il messaggio a Bruxelles è chiaro: l’Europa deve assumersi la responsabilità diretta della propria sicurezza. In uno scenario di rottura, sarebbero gli europei a trovarsi in prima linea, mentre Washington fornirebbe supporto strategico.
Il vero nodo, dunque, non è solo militare ma politico e culturale. Il progetto di difesa dell’Ucraina mette alla prova la volontà dell’Europa di agire come potenza strategica, accettando anche il rischio di uno scontro diretto. Tutto il resto è negoziabile. Questo no.
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