VOCE
CRONACA
19.12.2025 - 20:00
L’Unione Europea ha deciso di prestare all’Ucraina 90 miliardi di euro tra il 2026 e il 2027, scegliendo una strada alternativa all’utilizzo dei beni russi congelati. L’intesa è arrivata poco dopo le tre del mattino del 19 dicembre, al termine di una lunga trattativa tra i leader europei, e segna un passaggio politico rilevante sul sostegno finanziario a Kiev.
Il finanziamento avverrà tramite debito comune sui mercati dei capitali, con la garanzia del bilancio pluriennale dell’Ue. Una soluzione di compromesso che ha messo d’accordo la maggioranza degli Stati membri e ha superato le resistenze di chi temeva un aumento strutturale del debito europeo. “Ha prevalso il buon senso”, ha commentato la premier italiana Giorgia Meloni, sottolineando come l’accordo consenta di garantire le risorse necessarie all’Ucraina senza forzature sul piano giuridico e finanziario.
La scelta del prestito rappresenta una sconfitta della linea tedesca, con il cancelliere Friedrich Merz contrario fino all’ultimo all’ipotesi di nuovo debito comune. Allo stesso tempo, l’intesa evita l’uso diretto degli asset russi congelati, un’opzione che aveva sollevato forti perplessità in Paesi come Italia, Bulgaria, Malta e Repubblica Ceca, oltre alle nette opposizioni di Ungheria e Slovacchia, preoccupate per le possibili ripercussioni diplomatiche con Mosca.
Sul tavolo dei 27 è così arrivato il piano B: un prestito garantito dal Quadro finanziario pluriennale dell’Ue. Praga, Bratislava e Budapest hanno accettato la soluzione a una condizione precisa, ottenere cioè la possibilità di sfilarsi dall’operazione attraverso un opt-out. Dopo un’ulteriore ora di negoziato, l’accordo è stato chiuso. I beni russi resteranno congelati fino a quando la Russia non risarcirà l’Ucraina per i danni di guerra e, solo in caso di mancato pagamento, l’Ue si riserva la possibilità di utilizzarli nel rispetto del diritto internazionale per coprire il prestito.
Nel comunicato finale, il Consiglio Europeo afferma che “concorda di erogare all’Ucraina un prestito di 90 miliardi di euro per gli anni 2026-2027, basato sui prestiti contratti dall’Ue sui mercati dei capitali e sostenuto dal margine di bilancio dell’Unione”. Il testo precisa inoltre che l’operazione non avrà alcun impatto sugli obblighi finanziari di Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia, grazie al meccanismo di cooperazione rafforzata.
A confermare l’opt-out è stato il premier ungherese Viktor Orbán, che ha rivendicato la scelta del suo Paese: “L’Ungheria è completamente fuori da tutto questo”, ha dichiarato, aggiungendo che “tre Paesi hanno deciso di non partecipare: Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria”. Orbán ha definito il prestito “una decisione estremamente sbagliata”, sostenendo che “gli ucraini non saranno mai in grado di ripagarlo” e che si tratta quindi di “denaro perso”. Secondo il leader ungherese, l’Ue ha rinunciato all’unanimità sul prestito in cambio della possibilità per alcuni Stati di non partecipare.
Nonostante le divisioni, 25 Paesi su 27 hanno sostenuto l’accordo, confermando la volontà dell’Unione di continuare a sostenere l’Ucraina sul piano finanziario. Il Consiglio Europeo tornerà sulla questione nella prossima riunione, ma l’intesa raggiunta segna già un punto fermo: aiuti consistenti a Kiev, senza usare direttamente gli asset russi e con un delicato equilibrio politico tra unità europea e dissenso interno.
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