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CRONACA

AI slop: la valanga di contenuti che sta cambiando internet

Dalla “sbobba” generata dall’intelligenza artificiale alla crisi di senso del web

AI slop: la valanga di contenuti che sta cambiando internet

Negli ultimi trent’anni gli esseri umani hanno riempito il web di contenuti. Poi sono arrivati strumenti come ChatGPT, Sora, Gemini e decine di generatori simili, capaci in pochissimo tempo di produrre testi, immagini e video in quantità superiori a quelle create dall’uomo. Secondo una ricerca pubblicata su Arxiv, almeno il 30% dei testi presenti sul web è oggi generato dall’intelligenza artificiale, ma la percentuale reale potrebbe avvicinarsi al 40%. Di questo passo, la produzione umana rischia di diventare minoritaria in pochi mesi.

È in questo contesto che si diffonde il termine AI slop, letteralmente “sbobba”: contenuti spam, di bassissima qualità e prodotti in modo massivo, spesso senza alcuna cura o intervento umano. Non a caso, la parola slop è diventata anche un acronimo: Spammy, Low-quality, Over-produced. Ed è stata indicata come parola dell’anno dal dizionario Merriam-Webster.

Non tutto ciò che viene creato con l’intelligenza artificiale è slop. Come ha spiegato l’esperto di cultura digitale Simon Willison, la differenza sta nella cura: quando un contenuto è generato senza attenzione e imposto agli utenti che non lo hanno richiesto, allora sì, è slop. Benjamin Hoffman sul New York Times ha usato un’immagine efficace: la slop è come il mangime con cui si nutre a forza il bestiame, qualcosa di indistinto, abbondante e privo di valore.

A differenza delle fake news o dei deepfake, la slop non mira a ingannare. Nella maggior parte dei casi non diffonde truffe né disinformazione: è semplicemente irrilevante, ma travolge tutto per effetto della quantità. È il contenuto perfetto per un’epoca in cui molti materiali vengono creati “per il LOL”, destinati a essere consumati in pochi secondi e dimenticati subito dopo. Un fenomeno che richiama il concetto di bullshit descritto dal filosofo Harry G. Frankfurt: discorsi prodotti senza alcun riguardo per la verità, indifferenti al vero e al falso.

La sbobba digitale non riguarda solo i testi. Nessuna forma di creatività è al riparo. Spotify ha rimosso in un solo anno 75 milioni di brani considerati spam. I generatori di immagini e video hanno reso possibile creare senza limiti clip e visual perfettamente inutili che popolano social network e piattaforme di intrattenimento. Reddit, il giornalismo online, la pubblicità, le locandine di eventi: ovunque cresce la percezione di un rumore di fondo artificiale.

Il paradosso è che le grandi piattaforme non contrastano il fenomeno, ma lo incentivano. YouTube, Facebook, Instagram e TikTok spingono verso contenuti brevissimi, economici e iperprodotti. Come ha osservato il giornalista Max Read, su Facebook la slop non è un effetto collaterale, ma il prodotto ideale: costa poco, genera engagement e riempie gli spazi.

Eppure, la storia suggerisce cautela negli allarmismi. Nel Settecento, a Londra, esisteva Grub Street: un quartiere noto per la produzione di pamphlet, satire e testi di scarsa qualità destinati al grande pubblico. Le élite culturali lo disprezzavano, ma proprio lì nacque la prima economia freelance moderna e mossero i primi passi autori poi diventati fondamentali. Anche allora si parlava di degrado culturale.

La domanda, quindi, resta aperta: stiamo assistendo a un collasso del web o a una fase di transizione? Alcuni segnali indicano che l’AI potrebbe diventare uno strumento di potenziamento creativo, non solo di appiattimento. La storica dell’arte Valentina Tanni ha osservato come alcuni progetti recenti utilizzino volutamente l’estetica slop in modo consapevole e sperimentale. In questi casi, l’AI non riduce il lavoro umano, ma lo trasforma: dietro certi contenuti ci sono migliaia di prompt, scelte estetiche e settimane di lavoro.

Resta però un nodo cruciale. Il costo di produzione della slop è quasi zero, mentre il costo cognitivo per chi la consuma è altissimo. Dubitare di ciò che vediamo, distinguere il rilevante dall’irrilevante, il vero dal verosimile, richiede attenzione continua. Senza contare l’impatto ambientale e il rischio che questi contenuti vengano usati, anche indirettamente, come strumenti di propaganda o manipolazione.

Forse la slop non distruggerà internet. Ma ci costringe a sviluppare nuovi anticorpi culturali, a riconoscere il valore, la cura e l’intenzionalità dietro ai contenuti. Usare la parola “slop” nel modo giusto, come suggerisce Scientific American, serve proprio a questo: imparare a distinguere ciò che vale la pena salvare da ciò che può essere lasciato scorrere via.

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