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Informazione e generazioni, la frattura cresce

La Gen Z si informa sui social, i Boomers restano fedeli alla tv

Informazione e generazioni, la frattura cresce

C’è una crescente preoccupazione per il calo di ascolti dei telegiornali, soprattutto tra i più giovani. Ma il problema non è tanto la notizia in sé, quanto la piattaforma su cui viene fruita. I giovani non hanno smesso di informarsi: hanno semplicemente cambiato canale. Le news che non guardano più in televisione arrivano infatti attraverso Instagram, TikTok e YouTube, spesso tramite gli account social delle stesse testate tv.

È quanto emerge dalla ricerca “Il consumo di news nell’età delle piattaforme e il ruolo del servizio pubblico”, realizzata dal CeRTA, il Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presentata a Milano. Lo studio disegna una mappa molto netta del consumo di informazione, che cambia radicalmente da una generazione all’altra.

Per la Gen Z (16-24 anni) i social media sono il centro assoluto dell’informazione. Instagram e TikTok dominano, seguiti da YouTube. Le notizie preferite riguardano società, celebrità, cronaca e informazione locale. L’accesso è quasi sempre “passivo”: le news vengono intercettate scorrendo il feed più che cercate attivamente. Come spiega il direttore del CeRTA Massimo Scaglioni, “la generazione Z ha un rapporto di tipo push con l’informazione: contenuti rapidi, aggiornati, personalizzati e dinamici”. I media tradizionali restano autorevoli, ma vengono percepiti come lenti e poco allineati ai linguaggi digitali. La Rai è vista come garanzia di serietà, ma anche come “rivolta ad altre generazioni”.

I Millennials (24-45 anni) mostrano un comportamento simile, con una maggiore varietà di fonti. Social e web restano centrali, ma entrano in gioco anche Facebook e le piattaforme video. L’informazione viene vissuta come ibrido tra utilità e intrattenimento, in un ecosistema percepito come affollato e spesso poco affidabile. Qui la Rai resta “all’orizzonte”: un punto di riferimento autorevole, ma meno presente nella quotidianità. Secondo la ricerca, il volto giornalistico nato in tv e poi approdato sui social è il principale fattore di fiducia, perché unisce autorevolezza e libertà espressiva.

La Generazione X (46-60 anni) rappresenta il vero crocevia. Qui la televisione torna ad avere un peso rilevante, insieme ai siti di informazione e ai motori di ricerca. Il consumo delle news è più attivo e riflessivo, basato sul confronto e sull’approfondimento. I social vengono vissuti con sospetto, come un ambiente ricco di contenuti ma ad alto rischio di disinformazione. Per questa fascia d’età la Rai resta un punto di riferimento istituzionale, nonostante una persistente percezione di influenza politica.

Infine, i Baby Boomers (61-70 anni) restano saldamente ancorati alla televisione. Per loro l’informazione è uno strumento essenziale per comprendere il mondo e orientarsi nella realtà quotidiana. Tv, radio e stampa rappresentano una “multimedialità conservativa”, in cui il web ha un ruolo solo complementare. Il brand Rai continua a godere di un alto livello di fiducia, grazie alla familiarità dei volti e alla continuità nel tempo, anche se risulta ancora debole sul fronte digitale.

Il quadro che emerge è chiaro: non esiste più un unico modo di informarsi, ma una pluralità di percorsi generazionali. La sfida, soprattutto per il servizio pubblico, non è difendere un mezzo, ma ripensare linguaggi, formati e presenza sulle piattaforme. Perché le notizie, oggi più che mai, non spariscono: cambiano strada.

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