Il caro energia torna al centro del dibattito politico in vista del Consiglio europeo del 23 ottobre. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha riconosciuto che Italia, Irlanda e Paesi dell’Europa sud-orientale sono tra quelli con i prezzi dell’energia più alti del continente e ha promesso nuove misure europee per contenere i costi di gas ed elettricità. Tra le soluzioni più discusse c’è il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità, un meccanismo che riceve consenso trasversale ma che finora non è mai stato attuato a livello Ue.
Per capire il problema bisogna partire dal mercato europeo dell’energia, fondato sul cosiddetto “sistema marginalista”. In pratica, il prezzo dell’elettricità viene determinato dall’impianto più costoso necessario per soddisfare la domanda — e quasi sempre si tratta di una centrale a gas. Questo modello, introdotto negli anni ’90 per favorire trasparenza e rinnovabili, oggi si è trasformato in un boomerang per i consumatori: con l’aumento del costo del gas, anche l’elettricità è diventata molto più cara, nonostante la crescita delle fonti pulite.
Il disaccoppiamento, o decoupling, servirebbe proprio a separare i mercati: il prezzo dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili non sarebbe più legato a quello del gas, rendendo i contratti più convenienti e sostenendo la transizione verde. Tuttavia, servirebbe una riforma a livello europeo, e le difficoltà tecniche e politiche sono ancora molte. Le rinnovabili sono fonti intermittenti e richiedono sistemi di accumulo o centrali di supporto, il che rende complesso creare mercati completamente indipendenti.
Un esempio positivo arriva dalla Spagna, che insieme al Portogallo ha ottenuto da Bruxelles l’autorizzazione a un esperimento di “eccezione iberica”: un tetto temporaneo al prezzo del gas usato per produrre elettricità, finanziato con una tassa sugli extra-profitti delle aziende energetiche. Il risultato? Secondo il think tank Ember, la Spagna ha ridotto del 75% l’influenza del gas e del carbone sul prezzo dell’elettricità rispetto al 2019, diventando uno dei mercati più economici d’Europa.
In Italia, invece, la situazione resta critica. Secondo Confindustria, nel 2024 le imprese italiane hanno pagato l’elettricità l’87% in più della Francia, il 70% in più della Spagna e il 40% in più della Germania. Il nodo principale è la dipendenza dal gas, che copre circa il 40% della produzione elettrica nazionale. Nel 2022, in Italia il gas ha determinato il prezzo dell’energia nel 90% dei casi, la percentuale più alta dell’Unione.
Le opposizioni e Confindustria chiedono al governo di accelerare sul disaccoppiamento. «Scollegare il prezzo dell’energia da quello del gas è l’unico modo per ridurre le bollette», ha dichiarato Elly Schlein, mentre il presidente di Confindustria Emanuele Orsini parla di «una misura urgente e condivisa da tutti».
Il governo, per ora, rimanda la palla a Bruxelles. Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ribadisce che «è una partita europea» e che l’Italia, dipendendo per l’80% da energia importata, non può agire da sola. Anche Ursula von der Leyen invita a riequilibrare le tasse sull’elettricità, oggi molto più alte di quelle sul gas, e a favorire l’elettrificazione dell’industria.
Finché però non arriverà una decisione comune in sede Ue, la prospettiva di bollette più leggere resterà lontana. E il “disaccoppiamento” continuerà a essere, almeno per ora, una promessa sulla carta.