VOCE
CRONACA
12.11.2025 - 18:31
Un tempo definito il “diabete dell’adulto”, oggi il diabete di tipo 2 colpisce sempre più giovani e adolescenti. I dati presentati ai congressi internazionali di diabetologia, dall’American Diabetes Association (ADA) all’European Association for the Study of Diabetes (EASD), mostrano un aumento esponenziale dei casi in tutto il mondo, Italia compresa.
«Stiamo assistendo a una traslazione verso età sempre più giovani che non ha precedenti», spiega Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia e docente di Endocrinologia alla Sapienza Università di Roma. «Se non invertiamo la tendenza, rischiamo di avere generazioni con un’aspettativa di vita più bassa di quella dei propri genitori, a causa delle complicanze croniche: retinopatia, nefropatia e malattie cardiovascolari. Il diabete di tipo 2 pediatrico, inoltre, è più aggressivo di quello dell’adulto».
Alla base del fenomeno c’è una “tempesta perfetta”: l’obesità infantile in costante aumento, alimentata da cibi ultra-processati, bevande zuccherate e sedentarietà digitale. Secondo i dati del Global Burden of Disease Study, esiste una correlazione diretta tra l’indice di massa corporea (BMI) nei bambini e l’incidenza del diabete di tipo 2.
Il tessuto adiposo in eccesso, soprattutto quello viscerale, genera infiammazione cronica e insulino-resistenza. Un recente studio pubblicato su JAMA Pediatrics ha evidenziato che anche un modesto consumo quotidiano di bevande zuccherate può aumentare significativamente il rischio di diabete negli adolescenti.
Alla cattiva alimentazione si aggiunge l’aumento dello screen time, ovvero le ore trascorse davanti a smartphone, tablet e computer. «Il tempo passato sugli schermi non solo riduce l’attività fisica, ma si associa anche a disturbi del sonno e a un’alterazione del metabolismo degli zuccheri», spiega ancora la professoressa Buzzetti.
L’allarme è globale e, secondo l’International Diabetes Federation, richiede interventi urgenti su educazione alimentare, promozione dell’attività fisica e uso consapevole della tecnologia, per evitare che quella che un tempo era una malattia dell’età adulta diventi una nuova emergenza pediatrica.
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