VOCE
CRONACA
24.11.2025 - 22:30
Le recenti dichiarazioni del cantante Robbie Williams, che ha raccontato di aver sviluppato problemi alla vista dopo l’uso di farmaci per dimagrire, e il caso analogo della senatrice Michaela Biancofiore, hanno riacceso l’attenzione sulla sicurezza degli agonisti GLP-1, utilizzati per la cura del diabete e – sempre più – per il controllo del peso.
La Società Italiana di Diabetologia (Sid) è intervenuta per precisare che si tratta di “segnali da monitorare”, ma che non esistono prove scientifiche di un rapporto di causa-effetto tra questi farmaci e danni oculari. La raccomandazione è chiara: mai assumere queste terapie senza controllo medico.
La presidente della Sid, Raffaella Buzzetti, invita alla prudenza, ma rassicura:
“Non esistono prove scientifiche di un rapporto causa-effetto tra l’uso di questi farmaci e la comparsa di danni agli occhi. I pazienti devono continuare le normali visite dal diabetologo e dall’oculista.”
Secondo Buzzetti, il vero punto è un altro: ogni farmaco può avere effetti indesiderati. Per questo nessuna terapia deve essere fatta in autogestione o perché “consigliata da un’amica”.
Secondo la Sid, le categorie più vulnerabili non sono le persone che assumono i GLP-1 in sé, ma:
chi ha diabete da molti anni,
i fumatori,
chi ha ipertensione non controllata.
Il diabete è infatti una delle principali cause di perdita della vista negli adulti, aumentando il rischio di retinopatia, edema maculare, cataratta, glaucoma e neuropatia ottica ischemica anteriore non arteritica (NAION).
Un buon controllo glicemico – che i GLP-1 aiutano a ottenere – è la protezione più efficace.
Negli ultimi mesi sono stati pubblicati alcuni studi osservazionali che hanno fatto scattare l’allarme. Ma, sottolinea la Sid, osservare una correlazione non significa dimostrare la causa.
Uno studio su 140 mila pazienti pubblicato su Jama Ophthalmology ha rilevato che chi usava agonisti GLP-1 da più di sei mesi presentava un rischio maggiore di degenerazione maculare neovascolare. La possibile spiegazione? La rapida riduzione della glicemia, che potrebbe creare “stress” per la retina.
Un altro studio basato su cartelle cliniche ha ipotizzato un rischio più elevato di NAION nelle persone trattate con semaglutide. Ma si tratta di un evento rarissimo (meno di 1 caso su 10mila persone l’anno) e anche qui non è dimostrata la causalità.
A complicare il quadro, una ricerca pubblicata su Communications Medicine (Nature) ha analizzato oltre 2 milioni di cartelle cliniche e ha trovato che chi assumeva i nuovi farmaci (tirzepatide, semaglutide) presentava meno problemi oculari rispetto a chi utilizzava terapie più datate.
In particolare:
con tirzepatide, il rischio di cataratta risultava dimezzato;
anche la frequenza di occhio secco e altre problematiche risultava inferiore.
Alla luce delle evidenze disponibili, nel giugno 2025 gli enti regolatori hanno stabilito che la NAION deve essere inserita tra gli effetti indesiderati rarissimi dei farmaci a base di semaglutide, con un lieve aumento del rischio segnalato anche per dulaglutide.
Ma resta un dato fondamentale: si parla di eventi estremamente rari e non è provato alcun rapporto diretto di causa-effetto.
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