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CRONACA

Spogliare le donne con l’AI è diventato di massa

Bot, deepnude e canali anonimi: un’industria che fa soldi sulla violenza online

Spogliare le donne con l’AI è diventato di massa

Centinaia di donne “spogliate” virtualmente dall’intelligenza artificiale. Tra loro una cinquantina di italiane: giornaliste, attrici, cantanti, conduttrici, esposte senza saperlo allo sguardo di migliaia di utenti. Basta una foto presa dai social o dal web, caricata su un servizio “nudify” che in pochi secondi trasforma l’immagine in materiale sessuale falso ma estremamente realistico.

L’ultimo portale emerso nelle indagini – di cui non si indica il nome per non alimentare ulteriori abusi – arriva dopo i casi del gruppo Facebook Mia Moglie e del forum Phica.eu, oggi chiusi. Ma è solo un tassello di una galassia enorme: decine di siti, canali e bot dedicati alla diffusione non consensuale di immagini intime e alla creazione di deepnude.

Dal forum per adulti alla fabbrica di deepnude

La prima a denunciare pubblicamente il nuovo sito è stata la giornalista e scrittrice Francesca Barra, che ha scoperto la circolazione di immagini false di sé nuda generate con l’AI. Il portale, in realtà, esiste da anni: la prima registrazione risale al 2012, una seconda al 2014. Da allora, il nome del titolare è nascosto dietro provider e servizi di anonimizzazione, mentre la piattaforma è cresciuta fino a dichiarare oltre 7 milioni di utenti nel mondo.

Analizzando le vecchie versioni del sito, conservate sulla Wayback Machine, si vede l’evoluzione:

  • nel 2020 spazio a contenuti rubati dai social, live cam e promozione di profili OnlyFans;

  • oggi, il cuore del portale sono i contenuti generati con l’intelligenza artificiale.

Banner e annunci promettono: “Spoglia chiunque in pochi secondi”, “Crea il tuo schiavo sessuale”. In pratica, vengono offerti strumenti per:

  • denudare virtualmente qualunque donna a partire da una foto;

  • creare avatar erotici personalizzati usando immagini di mogli, ex, amiche, colleghe, sconosciute.

Da nicchia tossica a fenomeno industriale

Non è più un problema di nicchia, ma un fenomeno industriale e di massa”, spiega a Wired Jenny Paita, esperta di cyber intelligence.

Uno studio su 85 siti di deepnude, pubblicato a luglio, ha stimato:

  • 18,5 milioni di visitatori al mese in media;

  • ricavi annui potenziali fino a 36 milioni di dollari.

La pubblicità di questi servizi è ovunque: Paita segnala che i link promozionali su social come X e Reddit sono cresciuti di oltre il 2.400% nel 2023.

Uno degli hub principali sono i bot su Telegram:

  • alcuni gratuiti, altri a pagamento con versioni di prova;

  • basta inviare una foto per ottenere la versione “spogliata”;

  • spesso gli admin chiedono di condividere gli scatti per “farli vedere a tutti”, alimentando la viralità degli abusi.

Il salto di scala è enorme: prima servivano foto intime reali; oggi basta un qualsiasi scatto pubblico. Gli algoritmi non hanno più bisogno di centinaia di immagini per funzionare: una sola foto da un profilo social o da un sito aziendale può bastare per creare un nudo falso.

“I deepnude costano pochissimo – racconta Paita – in alcuni casi 1 dollaro per quattro immagini”. Il risultato è un’arma alla portata di chiunque, con implicazioni pesantissime: revenge porn, ricatti, estorsioni, persecuzioni.

Una galassia progettata per restare impunita

Smantellare queste piattaforme è difficilissimo. Anche quando un’app viene bloccata – come Clothoff, fermata dal Garante della privacy – ne spuntano subito altre, spesso sotto forma di bot più “accorti” nel nascondersi.

“Questi sistemi sono costruiti per garantire impunità”, spiega l’esperto di cyber intelligence Alex Orlowski:

  • i server usano hosting offshore in Paesi non cooperativi;

  • si ricorre a servizi di reverse proxy per mascherare gli indirizzi IP;

  • i pagamenti si appoggiano a criptovalute, rendendo difficile tracciare flussi di denaro e collegare utenti e gestori.

“Scoprire chi sta dietro non è impossibile, ma è complicato”, conferma il vice questore aggiunto Giancarlo Gennaro della Polizia postale. “Per questo è fondamentale che le vittime denuncino: solo così possiamo dimostrare che quelle immagini sono state diffuse senza consenso e perseguire chi le ha caricate”.

Le leggi ci sono, ma non bastano

Sul piano penale l’Italia non parte da zero.
Dal 2019, la legge sul Codice rosso punisce con 1–6 anni di carcere e multe da 5.000 a 15.000 euro chi diffonde, senza consenso, immagini o video sessualmente espliciti destinati a rimanere privati.

Da ottobre, una nuova norma sull’intelligenza artificiale introduce pene da 1 a 5 anni per chi condivide consapevolmente immagini, video o audio alterati o sintetici che danneggiano la persona ritratta.

Diverso è il discorso per chi gestisce i portali. “I gestori delle piattaforme non hanno un obbligo generale di controllo preventivo”, spiega l’avvocato Francesco Paolo Micozzi.
Possono essere ritenuti responsabili solo se:

  • sono messi a conoscenza dell’illegalità dei contenuti;

  • non intervengono per rimuoverli.

Anche chi sviluppa un bot “neutro” per modificare immagini, in astratto, non commette reato finché non è dimostrato che favorisca consapevolmente usi illeciti. Un vuoto che rende difficile colpire l’architettura di questi sistemi.

Il lavoro in Parlamento e la radice culturale

Sul tema sta lavorando una Commissione sulla violenza di genere, che entro fine anno dovrebbe presentare al Parlamento una relazione con proposte di intervento normativo.

“La materia è complessa – riconosce la senatrice Valeria Valente (PD) – bisogna tenere insieme la libertà della Rete e la tutela della dignità delle persone. E, quando i due diritti entrano in conflitto, è la dignità che deve prevalere”.

Ma il problema non è solo tecnico o legale. “C’è un filo rosso – continua Valente – che lega questi abusi online alle violenze offline: una cultura che porta molti uomini a pensare di possedere il corpo delle donne e poterne disporre a piacimento. È lì che dobbiamo intervenire, partendo da educazione, prevenzione e contrasto attivo”.

Se sei vittima o hai bisogno di aiuto

Se ti ritrovi in una situazione simile – o temi che possa accadere a te o a qualcuno che conosci – non sei sola e non è colpa tua.

Ecco alcuni riferimenti utili in Italia:

  • 1522 – Numero nazionale antiviolenza e stalking
    Gratuito, attivo 24/7, anche in chat dal sito ufficiale.

  • Centri antiviolenza Di.Re (Donne in rete contro la violenza)
    Sul loro sito trovi l’elenco dei centri regione per regione, dove puoi ricevere supporto legale, psicologico e pratico.

  • PermessoNegato
    Associazione che aiuta a rimuovere contenuti non consensuali dal web e fornisce assistenza specifica sui casi di revenge porn e violenza digitale.

Denunciare è difficile, ma è il modo più efficace per far valere i propri diritti, fermare almeno in parte la diffusione delle immagini e contribuire a rendere visibile – e punibile – una violenza che troppo spesso viene ancora minimizzata.

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