VOCE
Il giallo
14.11.2018 - 18:00
Il cold case del delta sugli schermi Mediaset. Il giallo dell’omicidio impunito di Willy Branchi è stato affrontato dal programma di Italia Uno “Le Iene”. Il programma condotto da Alessia Marcuzzi si è occupato, e lo farà anche in una seconda puntata, del caso riaperto a 30 anni di distanza e che ha visto finire indagato un parroco, accusato di non aver rivelato informazioni importanti sull’autore di un delitto terribile e raccapricciante. L’omicidio impunito è quello di Willy Branchi, avvenuto a Goro nel 1988 e le cui immagini non censurate sono comparse nel servizio mandato in onda martedì sera su Italia Uno. Nel delta ferrarese, l’inviato Antonino Monteleone ha incontrato i protagonisti della “battaglia per la verità” sulla morte del giovane di Goro, a due passi dal Polesine, trucidato nel settembre del 1988 da qualcuno che, dopo 30 anni, è ancora impunito e, soprattutto, coperto dall’atteggiamento omertoso di concittadini che, a detta di molti, saprebbero molto di più di quello che fanno credere. “Sono in duemila a sapere chi è stato”, ha ribadito spesso don Tiziano Bruscagin, parroco che all’epoca dei fatti era a Goro e che ora svolge il suo servizio pastorale vicino a Cavarzere. Raggiunto da “Le Iene” ha detto di aver “bisogno di pace”.
Come lui, anche Antonello Veronesi e Antonio Biolcati si si sono rifugiati nel silenzio. Insieme a Italo Mantovani, i due avevano raccontato agli inquirenti di aver visto la notte dell’omicidio il giovane Willy in compagnia di Valeriano Forzati, l’uomo su cui si erano concentrate le prime fallimentari indagini. Con Luca Branchi, il legale Simone Bianchi, il giornalista Nicola Bianchi e l’investigatore Davide Tuzzi, l’inchiesta di Italia Uno ha ricostruito decenni di cronache giudiziarie, tentando di arrivare a dichiarazioni utili ai potenziali testimoni, come all’ex sarto del paese, persona indicata da don Bruscagin. Per l’anziano, che è stato raggiunto nella sua bottega, Willy non sarebbe stato il primo giovane amante dell’assassino. Inoltre, la pista da seguire sarebbe secondo lui quella della droga, con Willy coinvolto come “galoppino” di uno spacciatore della zona. Un’ipotesi su cui l’avvocato Bianchi nutre molti dubbi. Effettivamente il racconto dell’ex sarto è apparso piuttosto confuso: “Ho paura del sistema, temo che qualcuno possa incendiarmi la casa, meglio se andate via”, ha detto allontanando la troupe. “Goro non è un posto facile, la comunità è molto chiusa e unita, difficilmente ci si sbottona”, sostiene da tempo l’investigatore privato assunto dalla famiglia, Tuzzi. Chissà che le foto del corpo nudo e livido di Willy, e quelle del suo viso deforme e irriconoscibile, forato dal chiodo metallico di una pistola da macello, mostrate ancora una volta in tutta la loro crudezza, possano smuovere chi ha ancora paura della verità. “Ho guardato quegli scatti 27 anni dopo la morte di mio fratello - racconta Luca - sono peggio di un pugno nello stomaco”.
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