VOCE
PORTO TOLLE
23.01.2020 - 12:12
“Ad Antonio Montinaro: uomo forte, marito generoso, padre indimenticabile, uomo dello Stato, testimone di coraggio e sacrificio in nome della giustizia. L’amministrazione comunale di Porto Tolle e gli studenti anni 2019-2020”. E’ questa la scritta impressa sulla targa, scoperta ieri mattina davanti all’istituto scolastico Ipsia di Porto Tolle. Il parcheggio davanti all’istituto, appena riqualificato, porterà dunque il nome di questo servitore dello Stato vittima della mafia. Antonio Montinaro, nato a Calimera l’8 settembre 1962, è infatti morto a Capaci il 23 maggio 1992: era il capo della scorta del giudice Giovanni Falcone. All’importante evento di intitolazione, ieri mattina, a Porto Tolle, era presente la sorella di Antonio, Matilde.
La cerimonia è iniziata all’interno dell’istituto, con Matilde Montinaro che ha offerto agli studenti la propria testimonianza. A dare il benvenuto, la vicedirigente scolastica del Colombo di Adria Valentina Fortunato; la responsabile dell’Ipsia Armanda Tosato; e il vicepreside dell’istituto comprensivo Vincenzo Boscolo Bariga.
Il sindaco Roberto Pizzoli ha ricordato quel 23 maggio del 1992, quando a Capaci la mafia uccise Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta. “Quel giorno avevo solo 17 anni - ha detto il sindaco - ma ricordo quel momento come se fosse ieri. Ero in spiaggia a Barricata, e ho appreso la notizia attraverso la radio. Oggi sono qui a rappresentate il mio paese Comune, e partendo proprio da qui possiamo cambiare il mondo, con la grande forza della legalità, un valore che ci riguarda tutti da molto vicino”. “Il modo migliore è di educare le nostre menti credendo in quello che facciamo e in quello che vogliamo ottenere”, ha detto ancora Pizzoli.
Carico di significati l’intervento di Matilde Montinaro. “La strage di Capaci ha cambiato la vita di nostra madre, che da quel momento non è stata più la stessa - ha affermato - non si può vivere dopo la morte di un figlio, ma soltanto sopravvivere. L’ho capito quando sono diventata mamma”.
“Nella strage di Capaci - ha detto ancora - sono morti il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e i poliziotti della scorta di cui non vengono detti mai i nomi, come se fossero nomi astratti: si chiamavano Antonio, Rocco e Vito”.
Nel suo racconto, ha tratteggiato la figura del fratello Antonio. “Molto intelligente e curioso - lo ha descritto Matilde - decise di non continuare gli studi e di lavorare con papà, commerciante di di pesce. Aveva solo 17 anni. Poi fece altre scelte e decise di entrare in polizia. Dopo alcune destinazioni, fu mandato a Bergamo poi, all’età di 24 anni, decise di andare a Palermo. E proprio lì ha conosciuto Giovanni Falcone, si è sposato e ha avuto due figli. Mio fratello quel 23 maggio aveva il giorno libero - ha precisato la sorella - ma è stato chiamato a sostituire un collega. Poteva dire di no, ma non lo ha fatto per senso del dovere. Tra l’altro, andando al lavoro, la sua macchina si fermò e fu accompagnato da un ragazzo in motorino”. Poi la strage.
“Per tanti anni non ho parlato di tutto questo - ha detto ancora Matilde Montinaro - poi, grazie a don Luigi Ciotti, ho deciso di trasformare il mio dolore, parlandone con gli altri”.
In prima fila, ad ascoltarla, c’erano il viceprefetto vicario Luigi Vitetti, il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Rizzi, e il questore di Rovigo Raffaele Cavallo. L’iniziativa è inserita nel progetto “Giornate regionali in ricordo delle vittime della mafia”, finanziato dalla Regione del Veneto, e realizzato con le associazioni Avviso pubblico e Libera Veneto.
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