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PAPOZZE

Quando il Po era pieno di vita, che spettacolo il docu-film

Successo di pubblico al di là di ogni previsione per l’anteprima bis di “Dove mi porta il fiume”, il nuovo docu-film di Anita Gallimberti

Quando il Po era pieno di vita, che spettacolo il docu-film

Successo di pubblico al di là di ogni previsione per l’anteprima bis di “Dove mi porta il fiume”, il nuovo docu-film di Anita Gallimberti ritornata a Papozze, dove il Delta ha inizio, per la prova generale, prima dell’esordio alla mostra de cinema di Venezia ove sarà presente il 10 settembre.

Presenti l’assessore regionale Cristiano Corazzari, che ha avuto parole di encomio per l’artista, assicurando il sostegno della Regione Veneto per iniziative culturali che danno prestigio al territorio, giunta comunale al completo per il saluto, il sindaco Pierluigi Mosca, con il vice Riccardo Navicella ,e l’assessore Chiara Mancin per il saluto, il presidente della biblioteca, Paolo Rigoni.

Quest’ultimo ha introdotto il tema ringraziando Anita Gallimberti per aver individuato Papozze come lo scenario più adatto per una storia che si snoda sul fiume e che propone tematiche sulla sopravvivenza della cultura delle acque.

“Papozze - ha continuato Rigoni - è stato ed è ancora una paese sull’acqua. Non si può dimenticare l’epopea dei mulini; non si possono dimenticare i numerosi barcari e i burchi che si spingevano sino a Trieste o entravano nella Pianura Padana attraverso il Po, l’Adige o l’Adigetto, il Sile. C’era il burchio bellissimo di Pompilio che ancorato nel porto canale di Adria suscitava l’invidia di tutti, tanto era bello. E ancora, i tantissimi pescatori e la ricchezza delle varietà di pesci, a cominciare dagli storioni e per finire alle cheppie, passando per i gamberi d’acqua dolce, una leccornia, una specialità da tutti ricercata, imbandita nelle osterie allo stesso modo degli storioni”.

“Le golene - ha proseguito la rievocazione di Rigoni - ove si moltiplicavano i tartufi, i passatori che mettevano in comunicazione le due sponde, perché il fiume era luogo di vita vissuta ed ora è deserto e separa mondi diversi”.

In questa prospettiva in effetti si colloca la visione di “Dove mi porta il fiume”. Anita Gallimberti si sofferma su quel passato, quando le acque erano limpide e non erano nemiche. Ora chiusi scoli, canali e scoline, rifiuti e plastica galleggiano sulle acque e finiscono al mare. Guardare al passato, certamente, dice la Gallimberti, e con nostalgia anche, ma fare il modo che il passato si proietti nel presente e che le comunità di fiume riacquistino la loro identità. A conclusione appalusi, positive sottolineature del pubblico e un omaggio floreale da parte dell’amministrazione.

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