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Il Polesine solidale <br/> accoglie i figli di Chernobyl

La storia

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Alcuni bambini bielorussi che sono stati accolti in Polesine

A 30 anni dal disastro nucleare della centrale vicino a Chernobyl parla Marzio Ortolani, presidente dell'associazione Olga, che dal 1999 ha già accolto 400 bambini bielorussi.
Sono passati 30 anni dal quel maledetto 26 aprile del 1986 quando all'1.23 della notte, esplose un reattore della centrale nucleare "Lenin", nell'Ucraina settentrionale, a 18 chilometri dalla città di Chernobyl, vicina al confine con la Bielorussia.



Le popolazioni riportarono danni inimmaginabili e la macchina della solidarietà si mise immediatamente in moto, anche in Polesine. Nacque l'associazione Olga, presieduta dall'instancabile Marzio Ortolani, che ancora oggi, oltre a presiedere l'associazione è divenuto presidente nazionale della fondazione "Aiutiamoli a Vivere" che raggruppa 180 comitati disseminati su tutto il territorio nazionale.



"Sono stati oltre 60mila i bambini che abbiamo aiutato e ospitato in Italia e di questi circa 400 sono stati accolti in Polesine - racconta Ortolani - abbiamo iniziato a fare arrivare i bambini dalla Bielorussia, nella provincia di Rovigo nel 1999, inizialmente ospiti da famiglie che li accoglievano, adesso nelle due case di accoglienza che abbiamo nel comune di Lendinara".



Sì perché l'emergenza "Chernobyl" non è ancora finita. A Lendinara, ancora oggi l'associazione Olga organizza cinque accoglienze di 10/15 bambini all'anno, che rimangono in Polesine per un mese. "Non vanno più nelle famiglie, non sicuramente per un calo di sensibilità della nostra gente - sottolinea Ortolani - ma perché sono cambiate le condizioni delle nostre famiglie: i giovani hanno ritmi di lavoro e abitudini diversi, e mancano di figure di appoggio come potevano essere i nonni. Se vogliamo dare un senso a tutto quello che abbiamo fatto sino ad oggi dobbiamo assolutamente investire sui nostri giovani".



Il servizio completo in edicola nella Voce di mercoledì 27 aprile
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