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Il lavoro c'è, i lavoratori no

Ditta di Arquà ha bisogno di fare 20 assunzioni, ma manca il personale specializzato

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Il titolare: poca volontà di imparare un mestiere o spostarsi. E così devo rinunciare ad ordinativi.
Il Polesine è l’ultima ruota del carro della ripresa economica del Veneto. Fabbriche in crisi, stabilimenti a un passo dalla chiusura, posti di lavoro che saltano e che non si riproducono. Eppure c’è anche chi da più di un anno non riesce a trovare manodopera. Un’azienda che potrebbe assumere una ventina di dipendenti, soprattutto donne, ma che non riesce a trovare personale specializzato.


O che si è vista rispondere che si preferisce rimanere in cassa integrazione piuttosto che fare alcune decine di chilometri al giorno per un posto di lavoro.


E non stiamo parlando di industria di fisica quantistica, o della Nasa; ma di pelletteria, occupazione che richiede una certa manualità, ma che “con un po’ di volontà di può imparare”.
Sono parole di Leonardo Venturini, titolare della Arquata srl, azienda di Arquà Polesine specializzata nella produzione di borse da viaggio destinate ai grandi marchi. Articoli che in commercio poi saranno venduti dai 1.200 ai 6mila euro l’uno. La crisi c’è ancora, ma per qualcuno la vera crisi è quella della manodopera. Un caso isolato nel contesto polesano, ma pur sempre sintomatico del fatto che nel sistema della domanda e dell’offerta di lavoro qualcosa non va. “Da oltre un anno - scandisce Venturini - io potrei assumere 20 lavoratori a tempo pieno. Però non si riesce a trovare manodopera specializzata, in grado di eseguire lavori di precisione nella pelletteria. E non parlo di lavoratori che vengano semplicemente dal settore tessile, da noi i macchinari contano per il 20%, il resto è manualità.
Che si può apprendere con appositi corsi di formazione, corsi seri, però, che possono durare anche 12 mesi. Il problema è che manca la volontà di fare questo tipo di lavoro. Da noi non c’è una tradizione di pelletteria come in Toscana, o nel vicentino”.


E così l’Arquata, che nel 2017 ha registrato un fatturato di 4,5 milioni di euro, è costretta a rinunciare ad un incremento di circa il 30%. Tanto potrebbe fruttare, più o meno, il passaggio da 42 a oltre 60 lavoratori. E quindi? “Stiamo cercando di mettere in piedi dei corsi di formazione, insieme con le istituzioni”.


Intanto il personale viene selezionato con degli stages, che però non riescono a rifornire l’azienda del personale richiesto. “Purtroppo - racconta l’imprenditore - in molti casi i giovani non hanno molta voglia di imparare un mestiere. C’è stato un ragazzo che dopo due settimane, nonostante fossimo pronti ad assumerlo, ci ha detto che quel lavoro non faceva per lui, troppo monotono. Ma come? Ci sono professionisti che lavorano da una vita in questo settore e in 15 giorni si riesce a giudicare?”


Il servizio completo sulla Voce del 7 ottobre.
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