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Pm a nudo: "Ho visto i miei morire dentro per il dolore"

La storia

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Nalin: “Campagna diffamatoria senza eguali”. Il magistrato sospeso in via cautelare dal Csm per lo “scandalo delle minigonne” risponde alle accuse mediatiche: “Nessun profilo fake e mai invitato a feste a Rovigo”.
"Quel giorno ho visto morire dentro i miei amati genitori ed è stata una sensazione di tale impotenza che non auguro a nessuno di provare”. Le parole del pm Davide Nalin si riferiscono a una sera di qualche settimana fa, quando stava cenando con la propria famiglia.



Davanti a loro la tv accesa sul tg nazionale, che ha aperto il servizio sullo scandalo delle toghe e delle minigonne con un’immagine che rievoca i tempi della ghigliottina: “Intanto la testa di Nalin è caduta”. A raccontarlo, in una lettera inviata al nostro giornale, è il pm padovano, che il 18 dicembre è stato sospeso in via cautelare sia dallo stipendio sia dalle funzioni di sostituto procuratore.



In queste settimane sono stato bersaglio di una campagna mediatica diffamatoria senza precedenti - scrive - che, in attesa di un giudizio vero e proprio ha non solo gravemente e irrimediabilmente danneggiato la mia immagine personale e professionale, ma ha soprattutto causato un dolore irrimediabile alla mia famiglia e alle persone che mi vogliono bene e che mi sono vicine in questo momento”.



A parlare, più che il magistrato, è l’uomo, ferito da accuse che definisce “non solo diffamatorie, ma anche surreali e inverosimili” e a cui risponde punto per punto smontando molte delle notizie apparse sulla stampa. Nalin non nega di aver scritto articoli sui “supereroi”, ma fa una precisazione: li ha scritti nel 2013 quando era ancora tirocinante e senza mai trascurare il proprio lavoro da magistrato, “la cui dedizione è sempre stata riconosciuta dai superiori e dal Consiglio Giudiziario di Venezia”.



Anche sul profilo Facebook con cui avrebbe spiato i commenti pubblicati dagli allievi di Bellomo è il caso di mettere i puntini sulle i. “Non posso nemmeno credere - scrive Nalin - che un profilo Facebook dal nick name ‘David Cooper’ la cui immagine reca, perfettamente riconoscibile, una mia fotografia che mi ritrae costretto a letto a causa di una gravissima patologia che mi ha colpito nel 2010, venga definito come profilo ‘fake’ per spiare le persone o peggio come un profilo non consono alla immagine di un Pubblico Ministero”. Il pm si scagiona su tutta la linea delle insinuazioni mediatiche, affermando di non aver mai messo piedi a Bari, la città in cui secondo alcune testate sette anni fa avrebbe pedinato alcune allieve della scuola di diritto.



“Nel 2011 ero allettato a causa della patologia, tanto invalidante che mi costringe a deambulare con un ‘bastone’: quello stesso ‘bastone’ che qualche testata giornalistica ha definito strumento per incutere timore agli studenti della scuola Diritto e Scienza sede di Milano”.



Nalin, indagato per stalking e lesioni, non si capacita neppure della notizia apparsa mercoledì sul Corriere della Sera, secondo cui nella lista degli invitati al compleanno del giudice Alessandra Paulatti c’era anche lui. A impedirgli di partecipare, secondo quanto riportato dalla testata, sarebbe stato il ciclone giudiziario da cui era stato travolto. L’ennesima falsità, a detta di Nalin. All’epoca della festa la bufera non era ancora scoppiata. Non solo: il pm precisa che le sue attuali condizioni di salute “sono incompatibili con la vita notturna nei locali affollati”.



Il 38enne padovano, che nel 2012 ha giurato come magistrato “non solo di rispettare la Costituzione, ma anche di difendere sempre verità e giustizia”, ha scelto di rispondere così a quella che a suo avviso è una campagna mediatica diffamatoria che non poggia le basi su nessun verdetto.

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