VOCE
teatro
02.08.2020 - 19:41
Una sequenza di personaggi e battute. E poi lo scherzo col vicesindaco Tovo: “Assomiglia a Citran”
La graffiante ironia che svela in pubblico vizi e malcostume. Tutto esaurito sabato sera all’arena spettacoli del Censer per lo spettacolo “Ma tu sei felice”, con Claudio Bisio e Gigio Alberti. Circa 600 spettatori hanno assistito al recupero della seconda data saltata della stagione di prosa (“I fratelli Karamazov”) interrotta a causa del coronavirus. Uno spettacolo divertente a metà tra il dialogo teatrale e il cabaret, con i due attori che padroneggiano benissimo la scena, riempendola di battute e sferzante sarcasmo.
I due amici seduti al tavolino del bar sono lo spunto per portare in scena una galleria di personaggi goffi e cattivi, pasticcioni e angosciati, mettendo così alla berlina alcuni difetti dell’uomo moderno. Uno spettacolo, ha spiegato lo stesso Bisio, nato al tempo del lockdown, “quando non si poteva uscire di casa, ed è con il testo di Federico Baccomo che abbiamo iniziato a pensare al ritorno sulle scene”.
Biso è bravissimo, come quando faceva il capocomico a Zelig, a dettare i tempi dello spettacolo, come un guitto riempie la scena con movimenti anche solo accennati e frasi e battute in sequenza e “a macchinetta”. Stona, forse l’eccessivo uso di parole volgari, come un intercalare. Gigio Alberti non è da meno: meno ‘mattatore’ ma sempre nel personaggio, inappuntabile anche nel dosare battute e freddure sempre capaci di strappare applausi e risate. Bisio non si tira indietro nemmeno quando si tratta di scherzare con il vicesindaco Roberto Tovo in platea: “Ma come? Non è nemmeno venuto il sindaco, ma solo il suo vice. Ma lo sa che assomiglia a Bobo Citran?”.
I due attori, amici e colleghi da una vita e in diversi spettacoli e film, si scambiano benissimo i ruoli di spalla e primo attore, con monologhi e dialoghi inappuntabili dal punto di vista tecnico. Aprono parentesi all’interno di una stessa gag, descrivono storie, personaggi e caratteri umani, irridono e svariano dal grottesco al surreale. Interessante la regia: i due attori si spostano dal tavolino del bar ai leggii. Poi vengono sul proscenio davanti al pubblico, pochi gesti per movimentare scena e cambiare ambientazioni. Entrano ed escono dal personaggio, un “dentro e fuori la scena”, per strizzare l’occhiolino al pubblico e spiegare che “noi non siamo così. Quelli sono i personaggi creati dall’autore”. Un classico gioco teatrale che vivacizza le quasi due ore di spettacolo. Fra le storie di “Ma tu sei felice?”, che solo prima dell’ultima scena finale si trascina un po’, anche riferimenti a temi di attualità: l’omosessualità, il tradimento nelle coppie, lavoro e tasse. Sempre trattati con ironia, talvolta feroce, e in chiave surreale. In diversi punti lo spettacolo diventa cabaret, entrando e uscendo dal testo, e dando quasi l’impressione che i due attori improvvisano su un canovaccio prestabilito (Alberti che parla del suo personaggio di Marrakech express, i riferimenti ai colleghi). E’ la loro abilità e simpatia a tenere insieme tutte le storie e a ricondurle in un unico filone narrativo, dove la risata non arriva in quantità industriali, ma in selezionati momenti, creati ad hoc anche da tormentoni e dal crescendo ora “guittesco” ora con sottile humor, dei due attori.
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