VOCE
CORONAVIRUS IN POLESINE
05.10.2021 - 15:18
Cristiano Maria Pavarin
"Sul Green Pass molto si è discusso ma, a nostro avviso, tralasciando un aspetto importante che chiediamo venga affrontato in modo chiaro ad un tavolo provinciale con i rappresentanti delle istituzioni polesane. Infatti, senza voler entrare nel merito della scelta normativa, così come non è nostra intenzione farlo per quanto riguarda la scelta personale di non aderire alla campagna vaccinale, non possiamo non constatare che, secondo quanto previsto dallo stesso decreto legge 127 del 21 settembre che il Green Pass ha quale obiettivo l'essere un dispositivo per “tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro”,.
Pertanto, coloro che legittimamente – stante l’assenza di un obbligo vaccinale – decidono di ottenere la certificazione sottoponendosi a tamponi non possono essere gravati del relativo costo economico, costo di cui invece deve farsi carico il datore di lavoro allorché si verta in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ed è proprio questa la finalità del D.L. 127/2021, il cui stesso titolo recita “Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening” quindi a tutti gli effetti un dispositivo di protezione individuale: il fatto che ottenerlo attraverso un tampone significhi per il lavoratore sostenere un costo che non deve essere fatto gravare sui lavoratori", lo dice Cristiano Maria Pavarin, segretario provinciale Uil Fpl Rovigo.
"È stato più volte sottolineato come per i vaccinati il Green Pass sia completamente gratuito, ma è bene non nascondersi dietro un dito: lo scopo di questa certificazione è stata quella di spingere ulteriormente verso la vaccinazione anche l'ultima fetta di dubbiosi, ma arrivati a questo punto è chiaro che, nemmeno di fronte a questa forma di imposizione legale, chi è teme per cause personali il vaccino non lo farà certo per evitare il fastidio della ripetizione dei tamponi. Il punto è che, per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche, dove la quota di non vaccinati non è di poco conto, l'introduzione del Green Pass, ferma restando la volontarietà della vaccinazione, crea un problema dal punto di vista della garanzia dei servizi. Come si legge nel testo del decreto, i lavoratori non in possesso della certificazione verde, si legge infatti nel testo del decreto, sono considerati assenti ingiustificati senza retribuzione fino alla presentazione della certificazione, ma seppur senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Questo, tuttavia, con tutta evidenza, pone le amministrazioni di fronte all'impossibilità di conoscere anche da un giorno all'altro la propria dotazione di personale, al quale viene in qualche modo offerta una possibilità di part-time random, senza stipendio ma senza sanzioni. Un Comune, quindi, non può non essere in grado di sapere se l'indomani avrà saranno in servizio i dipendenti sufficienti per a garantire o meno un determinato servizio; senza poi considerare che da ciò potrebbe conseguire, di riflesso, che. Né si può creare ogni volta una situazione che vede i lavoratori vaccinati si trovino trovarsi di fatto “penalizzati” con aggravi di lavoro e richieste di straordinario".
"È per questo che, come Uil, ritenendo che questi diversi aspetti debbano essere attentamente soppesati in ogni loro sfaccettatura e ricaduta tanto sui lavoratori che sulla collettività, chiediamo alle amministrazioni polesane di aprire un tavolo di confronto nel quale si possa valutare uno stanziamento economico di scopo o una convenzione con l'Ulss o con qualche altre strutture per abbattere il costo dell'esecuzione dei tamponi per i propri dipendenti, ottenendo in questo modo, altresì, la possibilità di scongiurare di assenze ingiustificate a macchia di leopardo, che mettano a rischio l'efficienza complessiva e la stessa erogazione di servizi fondamentali
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