VOCE
SANITA’
13.09.2025 - 07:10
Stefano Borile, candidato alle Regionali con il Partito Democratico
Borile, partiamo dai dati. Cosa ci dicono le proiezioni demografiche?
“I numeri parlano chiaro: nel 2050 gli over 80 saranno il doppio rispetto a oggi. È un dato Istat che ci dice due cose: la popolazione invecchia e, a causa dell’inverno demografico e della denatalità, avremo sempre meno giovani. Per il Polesine, questo significa rimettere mano alle strutture che erogano servizi agli anziani, perché così come sono non reggono l’urto del futuro”.
In che situazione ci troviamo oggi relativamente alla Sanità?
“La sproporzione dei posti letto nelle strutture ospedaliere è evidente: a Rovigo ci sono 374 posti e nel Delta 309, ciascuno a servizio di un bacino di circa 70mila cittadini, mentre nell’Alto Polesine, con 80mila abitanti, i posti disponibili sono appena 83. È la prova che quella zona è stata trascurata. Non sorprende, quindi, che quattro comuni abbiano richiesto il rinnovo della convenzione con l’ospedale di Legnago, nel Veronese: un segnale che non possiamo più permetterci di ignorare. Va inoltre considerato che in Polesine sono presenti sei Ipab pubbliche, distribuite nei comuni di Lendinara, Badia Polesine, Rovigo, Adria, Papozze e Crespino, oltre a circa dieci strutture private, al servizio di circa 220mila abitanti. Strutture che ospitano anche anziani non autosufficienti”.
La medicina di prossimità può risolvere questo problema?
“Sì, se verrà attuata concretamente. La legge 833/78 la prevedeva già, ma il Veneto è rimasto indietro a realizzare la medicina di prossimità. Con il Covid sono emerse tutte le criticità del sistema sanitario Veneto. Oggi abbiamo miliardi di euro dal PNRR: 16 destinati alla salute, di cui 7 per la rete di prossimità e 8 per strutture e telemedicina. Il problema è che in Polesine, con comuni piccoli e frammentati, spesso mancano uffici e personale preparato per sfruttare queste risorse. Il rischio è non rispettare la scadenza di marzo 2026 per terminare i progetti”.
Le Case e gli Ospedali di Comunità sono sufficienti?
“Sì, se verranno gestiti con competenza. Le Case di Comunità – a Castelmassa, Badia, Rovigo, Adria e Porto Tolle – devono diventare piccoli ospedali con medici di base, guardia medica, ambulatori specialistici, ecografie e telemedicina. Gli Ospedali di Comunità, a Trecenta, Rovigo e Adria, con 70/80 posti letto, serviranno per degenze brevi fino a 30 giorni. Senza visione e capacità organizzativa, anche con i fondi del PNRR rischiamo di non ottenere risultati concreti, perché i lavori procedono lentamente”.
Cosa pensa degli ATS?
“Gli Ambiti Territoriali Sociali arrivano in Veneto solo ora, a 25 anni dalla legge 328/2000, quindi la giunta Zaia è evidentemente in ritardo di oltre 20 anni. In Polesine ci sono due ATS: Adria, con 10 comuni e 68.181 abitanti, e Lendinara, con 40 comuni e 163.310 abitanti. Per rispondere meglio ai bisogni dei cittadini sarebbe opportuno istituire almeno un altro ATS, così da coprire il territorio in maniera più capillare”.
Per le Ipab cosa propone?
“Il Veneto è l’unica regione in cui non è ancora stata realizzata la riforma delle Ipab, enti con costi di gestione elevati. Una proposta potrebbe essere unire le sei strutture, in modo tale da avere un unico consiglio di amministrazione (CDA) a rotazione tra i vari comuni e un unico direttore. In questo modo si ridurrebbero le poltrone politiche, si ottimizzerebbero le risorse economiche e il nuovo CDA avrebbe maggiore peso nei tavoli regionali per un principio di economia di scala”.
Per concludere, come si dovranno migliorare i servizi per le persone anziane in Polesine?
“Come dicevo, da un lato è necessario ottimizzare ciò che già esiste – ad esempio unificando le Ipab – e dall’altro potenziare la medicina di prossimità, cioè i servizi domiciliari, in modo che l’anziano possa ricevere cure adeguate nel proprio ambiente familiare, senza dover essere trasferito in nuove strutture residenziali lontano dai propri cari”.
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