VOCE
L’INTERVISTA
15.10.2025 - 15:18
Borile, come vede la situazione del Polesine riguardo agli impianti fotovoltaici?
Borile: Negli ultimi anni il Polesine è stato invaso da impianti fotovoltaici a terra rubando terreno agricolo in una misura mai vista prima. Dal 2021 al 2025 siamo passati da circa 2.000 a quasi 10.000 impianti. Le campagne rischiano di sparire e gli agricoltori di essere sostituiti da imprenditori energetici. Bene puntare sulle energie rinnovabili, ma tutta l’energia di una nazione non può essere prodotta qui. Si tratta di una situazione per la quale la Regione Veneto ha una responsabilità precisa: la giunta Zaia non ha fissato limiti per singolo comune alla superficie destinabile agli impianti. Di conseguenza, il Polesine rischia di trasformarsi in enormi distese di pannelli fotovoltaici.
E per quanto riguarda lo sviluppo degli impianti a biomasse?
Borile: Il Polesine sta diventando la "pattumiera" del Veneto. Negli ultimi anni sono proliferati, "come funghi", impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano ed energia elettrica: parliamo di oltre sessanta impianti in tutta la provincia, più di uno per comune. Ogni giorno centinaia di camion attraversano le nostre strade per trasportare biomasse vegetali e liquami provenienti anche da altre province. Il materiale, una volta trattato, genera un digestato ricco di composti azotati che finisce nei nostri campi, minacciando le falde. Il Polesine vive di agricoltura, e questa concentrazione di impianti sta compromettendo un equilibrio fragile, costruito in secoli di lavoro e bonifiche. A questo si aggiunge l’inceneritore di Loreo legato alla questione dei PFAS, sostanze chimiche rilevate sia nel Po che nell’Adige. Non serve andare lontano per capire la gravità del problema: basti citare la recente sentenza sul caso Miteni di Trissino (Vi), che ha riconosciuto per la prima volta un nesso di causalità tra l’esposizione ai PFAS e la morte di un lavoratore. Eppure, su un tema così grave, la Regione continua a evitare prese di posizione chiare. Non si tratta solo di un problema ambientale, ma anche sociale: riguarda la qualità dell’acqua che beviamo, i prodotti che portiamo in tavola e la salute dei cittadini. Serve un piano regionale serio, con controlli costanti e risorse dedicate ad una capillare bonifica, non solo dichiarazioni d’intenti.
Nel Delta la pesca sta vivendo un momento difficile, soprattutto a causa del granchio blu. Cosa bisognerebbe fare?
Borile: In questi ultimi anni la giunta Zaia non ha saputo fare squadra con gli enti competenti per la vivificazione delle lagune del Delta, interventi che richiedono tempi burocratici certi e lavori di dragaggio regolari per mantenere i canali navigabili necessari per il transito dei pescherecci dalla laguna al mare senza insabbiarsi. La Regione sembra essersi dimenticata che i pescatori del Delta rischiano la vita ogni giorno quando, dopo le mareggiate, i fondali cambiano e le imbarcazioni possono insabbiarsi nei canali. Dobbiamo renderci conto che i canali sono per i pescatori "le strade" per recarsi al lavoro alla stregua delle vie asfaltate di qualsiasi altro lavoratore. Per la questione del granchio blu servono politiche regionali capaci di coinvolgere le università e investire nella ricerca per mettere a disposizione del comparto ittico nuovi strumenti con fondi pubblici.
Si parla di nucleare e trivelle nel territorio. Cosa ne pensa?
Borile: Proporre centrali nucleari o riaprire la questione delle trivelle in un territorio già martoriato non ha alcun senso. Il Polesine convive da anni con la subsidenza, la proliferazione di impianti fotovoltaici e a biomasse, la contaminazione da PFAS e l’invasione del granchio blu. Prima di pensare a nuove infrastrutture energetiche rischiose, serve un cambio di passo che metta al centro l’interesse reale del territorio e delle sue comunità.
Qual è quindi la sua visione per il futuro del Polesine?
Borile: Vanno sostenute le attività produttive locali, dall’agricoltura alla pesca e nello stesso tempo contenere la crescita incontrollata di nuovi impianti, fermare progetti di centrali e trivelle. Il nostro territorio ha già pagato un prezzo troppo alto: se non agiamo ora, rischiamo di compromettere risorse, economia e ambiente per le generazioni future. Ci vuole coraggio e un cambio di direzione nelle politiche regionali, propongo decisioni concrete con porzioni importanti del bilancio regionale allo scopo di tutelare la salute e il lavoro della nostra gente.
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