VOCE
VISIONI
20.12.2024 - 17:03
Il locale, con la sua storia, i suoi uomini e la sua quotidianità, è fondamentale per ogni territorio. Dobbiamo ringraziare uomini e donne che raccontano il suo passato, inventano trame, scrivono poesie, dipingono e scolpiscono. Ringraziamoli, specie se hanno contezza di dove possono arrivare e non provano né invidia né frustrazione per chi ha maggiori capacità di esprimersi meglio che, anzi, vengono da loro riconosciuti e lodati. Sono la linfa e la memoria di un territorio, l’elemento che lo rende vivo; sono un generatore di miti, leggende e ricostruzioni storiche, anche se non professionali. È un locale che si accontenta e gode del suo essere tale perché ha la corretta percezione delle proprie possibilità. È un locale da apprezzare, sano, da far fiorire.
Ma c’è un locale che si trasforma in provinciale quando chi, roso dalla frustrazione e dall’illusione di essere incompreso, pretende riconoscimenti, lodi, presenze, inviti da amici che poi a sua volta saranno da lui o da lei invitati in un circo auto-elogiativo.
I primi sono orgogliosi di essere fra Adige e Po e, con le loro capacità, di rappresentare il loro territorio. I secondi, talvolta ergentesi a Petronio Arbitro del Polesine, criticano tutto ciò che altri da loro o dai loro amici fanno; vorrebbero essere riconosciuti fuori ma non ce la fanno. È il locale che scade nel provinciale triste.
C’è un altro provinciale. Quello arrogante che pensa si debbano imporre visioni del tutto personali ma del tutto slegate dal territorio. Per esempio, coltivando l’idea di un museo virtuale ma ostacolando insensatamente la possibilità di mettere in sicurezza una delle biblioteche più importanti del Veneto per preziosità e varietà dei contenuti (fra cui la storia e l’identità del Polesine) perché non rientra nei propri “piani ambiziosi”.
Infine, ci sono pure esempi magnifici di come il locale possa divenire globale. Basti pensare a Gian Antonio Cibotto, che ha fatto conoscere un Polesine amaro all’intero paese. Oppure al Sindaco di San Bellino, Aldo D’Achille, che ha trasformato il suo paesello da pulce a modello sperimentale scalabile in ambito di governo socio-economico del territorio, venendo apprezzato e premiato in giro per il mondo. Oppure a Luciano Zerbinati, con la qualità delle sue mostre su artisti che han avuto natali nostrani. Oppure a quel manipolo di aziende che dal territorio fra i due fiumi hanno conquistato i mercati nazionali e non solo. Oppure, per finire con gli esempi, alla Fondazione CaRiPaRo che ha investito in personali che hanno trasportato e stanno trasportando uomini e donne provenienti dal nostro locale, come Virgilio Milani, Giovanni Miani e Cristina Roccati, dal polveroso racconto paesano a figure di spicco sul palcoscenico nazionale.
Insomma, almeno quattro modi diversi di interpretare il locale: chi ne è consapevole e lo vive bene e lo fa vivere bene, chi lo rende globale, chi sentendosi frustrato e invidiando chi ne esce lo trasforma in provinciale come chi, arrogantemente, pensa che tutto debba essere tralasciato in nome della sua “altezza di vedute”.
Giovanni Boniolo
Curatore di “Visioni & Altre Narrazioni”
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