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VISIONI

La festa e il sacro

La festa e il sacro

La festa è un momento speciale che si celebra con riti, astensione dal lavoro e momenti di gioia e condivisione. Tuttavia, non tutte le feste sono uguali. Pensiamo a quelle legate alla religione in cui siamo stati quasi tutti educati. Queste sono feste che sono intrise di sacro, ossia di qualcosa che va oltre il quotidiano e che è legato al simbolico, al divino, al misterico. Vi aderiamo spesso senza comprendere appieno i rimandi legati ai gesti degli officianti, ai colori dei loro paramenti, agli oggetti che maneggiano e alle parole che pronunciano, come se questi elementi non fossero il frutto di riflessioni millenarie e non fossero intrisi di una sacralità intensa. In tal modo, queste feste si possono ridurre a mere formalità, cui partecipiamo per consuetudine e per il piacere di essere riconosciuti come credenti. Tuttavia, partecipare davvero a un rito non significa semplicemente essere presenti fisicamente, ma afferrarne il significato più profondo e viverlo con la mente. La transustanziazione non è solo un termine difficile, ma un concetto che rappresenta il cuore del rito cattolico. L’ostensorio non è solo un vocabolo strano, ma il nome di un oggetto che custodisce ed esibisce il risultato della transustanziazione. Così ogni frase detta nella liturgia o presente in una preghiera ha un significato profondo, anche simbolico, siglato e deciso nel corso di scelte secolari. Per esempio, perché nel Padre nostro la formulazione “non ci indurre in tentazione” è stata accantonata per “non abbandonarci alla tentazione”? Perché i Magi portano oro, incenso e, soprattutto, perché portano la mirra? Questi non sono dettagli folcloristici, ma aspetti ricchi di profondi significati sacrali che dovrebbero essere conosciuti. Queste riflessioni sollevano una serie di interrogativi. È possibile essere credenti senza comprendere o apprezzare davvero il sacro che pervade ogni aspetto della religiosità. Un altro interrogativo riguarda la "fede popolare". Ci si può chiedere se sia possibile mantenere una fede popolare, che per sua natura è radicata nella tradizione e nelle consuetudini, senza perdere la profondità del sacro. È una questione che tocca il cuore della religiosità quotidiana: è possibile vivere una fede che rimanga viva e intensa, pur con la sua dimensione popolare, senza che questa si riduca a una formalità priva di significato? E, viceversa, è possibile che una fede troppo popolarizzata finisca per perdere il suo valore sacrale, riducendosi a un rito vuoto di contenuto profondo? Ancora, può un non credente o un agnostico apprezzare il senso del sacro più di chi si definisce credente, ma non vi dedica attenzione? Infine, ci si può interrogare sulla desacralizzazione che caratterizza molte tradizioni religiose nelle cosiddette società occidentali. La domanda è se questa desacralizzazione sia semplicemente una conseguenza della laicizzazione e della secolarizzazione, o se dipenda anche da chi ha pensato di sostituire la Missa papae Marcelli di Giovanni da Palestrina con una musichina suonata alla chitarra. In fondo, il sacro è anche il contesto, in particolare quel contesto che consente di rimandare al di là di sé stesso, ossia al trascendente.

 

Giovanni Boniolo

Curatore di “Visioni & Altre Narrazioni”

 

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